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  1. #271
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    Predefinito sulle armi chimiche

    sulle armi chimiche

    il punto giuridico è che l'Iraq doveva dimostrare di averle distrutte. Io credo che non si possa dimostrare questa cosa, perchè a contrario vostro conosco la chimica, e la mia famiglia possedeva un'industria chimica nella quale ho anche lavorato come operaio da ragazzetto.
    State tutti tranquill, però: erano solo topicidi.
    Ma vi assicuro che sarebbe bastato poco per fare qualcosa di peggio. Ciò non toglie che proprio per la ragione di dover dare una dimostrazione di una cosa impossibile da dare, gli Usa ed i loro alleati nel '91 si siano lasciati con questa escogitazione, la riserva di colpire Saddam in un secondo momento.
    Sono la Francia e la Germania che si sono tirati indietro ed è per questo che io ho sempre parlato di guerra continuativa e mai di preventiva, teoria che considero una sciocchezza.
    La Siria è sotto schiaffo, ma da parte dell'entourage militare siriano che si vuole liberare del giovane Assad e una parte dell'amministrazione Usa la sostiene.
    Non vedo rischi, fra l'altro il rifiuto di ospitare Abu Abbas depone a suo favore.

  2. #272
    Hanno assassinato Calipari
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    Predefinito


    Per quanto riguarda i Palestinesi, non sono loro a dover fare la pace, ma Israele a ritirarsi.

    ---

    Perchè si rende necessario cambiare i regimi iracheno e siriano?Di Hooman Peimani (consulente indipendente per organizzazioni internazionali a Ginevra e ricercatore nel campo delle relazioni internazionali).

    Un giornale israeliano, Ha'aretz, ha riportato che il governo israeliano sta considerando la possibilità di ripristinare un vecchio oleodotto che trasferiva petrolio dalla città irachena di Mosul al porto di Haifa, in Israele. Dato che gli israeliani affermano che gli Sati Uniti sarebbero d’accordo, questo piano israeliano fornisce una prova a chi sostiene che l’attuale guerra sia un progetto degli USA e di Israele di ridisegnare il Medio Oriente con il fine di servire i loro interessi, compreso quello petrolifero.

    Secondo il giornale, il Ministro Israeliano delle Infrastrutture, Yosef Paritzky, giudica il progetto dell’oleodotto giutificabile dal punto di vista economico in quanto recherebbe una riduzione dei costi di importazione del greggio, costi attualmente alti in quanto Israele importa petrolio dalla Russia. Ci sarebbe inoltre una giustificazione strategica, in quanto importare petrolio da un paese vicino ad Israele aumenterebbe la sicurezza dell’arrivo del greggio, mentre adesso Israele dipende completamente dal petrolio importato da lontani fornitori. Nonostante sia situato nel Medio Oriente, ricco di petrolio, Israele non può contare sugli esportatori locali a causa dell’esistente conflitto arabo-israeliano. Prima della rivoluzione iraniana del 1979, l’Iran, paese all’epoca amico, riforniva Israele di petrolio. Tale situazione finì nel 1979 quando il nuovo regime rivoluzionario iraniano tagliò le forniture ad Israele.
    Paritzky ha richiesto di valutare l’attuale situazione dell’oleodotto Mosul-Haifa, che aveva cessato di operare nel 1948. Probabilmente il condotto richiederà riparazioni e ammodernamenti, se non addirittura una ricostruzione non essendo più in uso da più di mezzo secolo. Comunque l’intera operazione richiede il consenso dell’Iraq (il fornitore del petrolio) e della Siria, il paese posto tra Iraq e Israele, attraverso cui deve passare l’oleodotto.
    Il consenso dell’Iraq è fuori discussione finchè al governo del paese vi è Saddam Hussein. Per questo, dice il ministro, un prerequisito indispensabile al progetto è che in Iraq governi un nuovo regime con rapporti amichevoli verso Isarele. Ma richiede anche il consenso della Siria. Data l’attuale situazione mediorientale e l’occupazione israeliana delle colline del Golan (appartenenti alla Siria), il consenso al passaggio del petrolio appare impossibile allo status quo. Come dichiarato dal governo israeliano, durante la guerra Iran-Iraq (1980-88) quando l’Iraq aveva stretti e cordiali rapporti con l’alleato di Israele, gli Stati Uniti, Israele cercò senza riuscirci di ripristinare il flusso di petrolio attraverso l’oleodotto. Tale possibilià fu bloccarta dalla Siria, all’epoca amica dell’Iran e nemica dell’Iraq.
    Così, a meno che non si ricostruisca parte dell’oleoditto, facendolo passare attraverso la Giordania (un altro paese confinante con Israele e Iraq ma con normali relazioni verso Israele), il progetto dell’oleodotto richiederebbe anche un diverso regime in Siria.
    In altre parole, il prerequisito del progetto è un cambio di regime in Iraq e Siria contemporaneamente. Poiché Paritzky non ha fatto menzione alcuna di un passaggio dell’oleodotto in Giordania, è ovvio pensare che gli israeliani sono ottimisti riguardo ad un cambio di regime in Siria nel prossimo futuro.
    Gli oleodotti sono sistemi altamente vulnerabili per l’esportazione di petrolio, che richiedono una affidabilità a lungo termine dei paesi attraverso cui passano. Sapendo questo, gli Israeliani possono dare il via ai loro studi tecnici dell’oleodotto quando saranno convinti che le attuali barrire politiche saranno superate. E questo richiede un cambio di regime a Baghdad e Damasco.
    Secondo il ministro israeliano, gli Stati uniti appoggerebbero il progetto in quanto l’oleodotto porterebbe il petrolio dall’Iraq al Mediterraneo. In tal caso gli Americani potrtebbero by-passare il Golfo Persico per la loro importazione di petrolio iracheno. In particolare, dagli anni 90, essi hanno ripetutamente espresso
    la loro preoccupazione circa la troppa importanza del Golfo Persico per l’importazione di petrolio. Data la concentrazione dei principali esportatori di petrolio in quell’area (60% del petrolio miondiale), la sua instabilità potrebbe interrompere o ridurre drasticamente il flusso di petrolio tramite le petroliere, con un grosso impatto per l’economia americana, molto dipendente dal petrolio.
    Per diminuire la loro vulnerabilità gli americani hanno cercato di diversificare le loro forniture di petrolio ricorrendo ai paesi del Mar Caspio e al non-OPEC (Organization of Petroleum Exporting Countries), costituito dal Ciad e dall’Angola. In ogni caso, queste forniture alternative possono alleggerire la paura degli americani, ma momentaneamente, data la piccola grandezza di tali riserve petrolifere. Così, nel futuro, gli Stati Uniti dovranno importare molto petrolio dalla regione del Golfo Persico, dove le riserve petrolifere superano abbonadnetmente quelle degli altri paesi e dove, in Iran, vengono tuttora trovati nuovi giacimenti petroliferi. Data questa situazione, risulta molto importante per gli Stati Uniti trovare vie alternative di approvvigionamento del petrolio rispetto a quelle delle petroliere. Così l’utilizzo di oleodotti terrestri capaci di trasportare il greggio in un mare aperto e caldo quale il Mediterraneo è un ottima opzione. Un oleodotto pienamente operativo come sarebbe l’oleodotto Mosul-Haifa potrebbe risolvere quindi sia i problemi americani che quelli israeliani.
    Il piano dell’oleodotto israeliano appare contrario agli obiettivi di guerra stabiliti dagli USA in Iraq. I due membri chiave della "coalizione della volontà", Stati Uniti e Regno Unito, hanno infatti respinto l’accusa che il motivo della guerra sia il petrolio (un punto questo che non è stato preso seriamente in quasi tutto il mondo). E d’altra parte, il piano israeliano, l’obiettivo americano di salvaguardare i pozzi petroliferi iracheni e l’obiettivo dichiarato di cambiare il regime a Baghdad, ci forniscono le prove del contrario.
    Inoltre, la retorica crescente anti-Siriana del governo americano, che comprnede le accuse alla Siria di fornire armi all’Iraq, può rappresentare il primo stadio di un’espansione del conflitto alla Siria. Se questo accadrà, si potrebbe arrivare a quel cambiamento di regime in Siria, che serve vari scopi, compreso la cooperazione della Siria nel futuro oleodotto Mosul-Haifa.

  3. #273
    Hanno assassinato Calipari
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    Predefinito

    Primi segni di ribellione
    di Robert Fisk

    Le cose stanno andando male, peggio di quanto nessuno potesse immaginare. L’esercito di liberazione si è già trasformato in un esercito di occupazione. Gli sciiti stanno minacciando di iniziare una lotta contro gli americani, di fare una loro guerra di «liberazione». Di notte su ognuna delle barricate sciite a Sadr City ci sono 14 uomini con le pistole automatiche. Anche i marines a Baghdad parlano degli insulti che ricevono ogni giorno. «Vattene! Sparisci dalla mia vista!» sono le parole gridate da un soldato americano a un iracheno che ieri stava cercando di avvicinarsi a un’unità di fanteria nella capitale.
    Ho visto la faccia dell'uomo sfigurarsi per la rabbia. «Dio è grande! Dio è grande!», continuava a ripetere l'iracheno. «Vaffanculo!».
    Le cose stanno comunque molto peggio di così. Gli americani hanno diffuso un «messaggio ai cittadini di Baghdad», un documento coloniale nello spirito e insensibile nei toni. «Per favore, evitate di lasciare le vostre case di notte, dopo le preghiere serali e prima di quelle mattutine», dice il documento, rivolgendosi ai cittadini. «Di notte le forze terroristiche legate all'ex regime di Saddam Hussein e altri elementi criminali si muovono nell'area….per favore non uscite di casa dopo il tramonto. Avvicinatevi sempre con estrema cautela alle postazioni militari della coalizione…».
    E quindi adesso, senza elettricità né acqua corrente, a milioni di iracheni è stato ordinato di rimanere in casa dal tramonto all'alba. Chiusi dentro. Una forma di prigionia. Nel loro stesso paese. Il documento è stato scritto dal comando della prima divisione dei marines, ed è un coprifuoco, anche se questa parola non viene mai usata.
    E dovunque a Baghdad si sentono le stesse parole, pronunciate dai religiosi sciiti o dagli uomini d'affari sanniti: tutti dicono che gli americani sono venuti in Iraq solo per il petrolio, e che molto presto la guerriglia darà inizio a una lotta di resistenza. Non c'è dubbio che gli americani diranno che questi attacchi sono frutto dei «residui» del regime di Saddam, o sono opera di «criminali». Ma non sarà così.
    Dovunque sono visibili i segni del collasso della situazione. E per tutti è chiaro che le promesse americane di libertà e democrazia non saranno mantenute.
    Perché, si domandano gli iracheni, gli americani hanno permesso all'intero governo di Saddam di allontanarsi indisturbato? E il fatto è che hanno ragione. Tutto il governo di Saddam è sparito - non solo la Bestia di Baghdad e i suoi due figli, Qusay e Odey. Se ne sono andati anche il vicepresidente Taha Yassin Ramadan, il primo ministro Tariq Aziz, il consigliere personale di Saddam, il dr. Hashimi, i ministri della difesa, della sanità, dell'economia, del commercio. Se n'è andato anche Mohamed al-Sahaff, il ministro dell'informazione che, ben prima di ingraziarsi i giornalisti, era l'ufficiale che leggeva la lista dei «fratelli» giustiziati nella purga che ha seguito la rivoluzione di Saddam - i parenti dei prigionieri prendevano sempre dosi massicce di valium prima di ogni discorso di al-Sahaff.
    Ecco quello che la gente di Baghdad si domanda, e che molti iracheni nel paese stanno notando. Prendiamo, per esempio, il grande apparato di sicurezza di cui si era circondato Saddam, le camere di tortura e l'enorme burocrazia su cui si basava il suo potere. Il presidente Bush aveva promesso che l'America avrebbe salvaguardato i diritti umani in Iraq; e che i colpevoli e i criminali di guerra sarebbero stati messi in galera e sottoposti a un processo. Adesso i 60 quartieri generali segreti della polizia a Baghdad sono vuoti, così come quelli dei servizi segreti iracheni. Ho visitato molti di questi luoghi. Ma nessun ufficiale inglese o americano ha fatto altrettanto, alla ricerca di documenti: né ha parlato con gli ex prigionieri, che pure si recano in visita ai luoghi in cui sono stati torturati. È per pigrizia, magari. O per una volontà ben precisa? Prendiamo il centro di Qasimiyeh, accanto al fiume Tigri. È una bella villa, un tempo di proprietà di un iracheno nato in Iran e poi deportato in Iran negli anni ottanta - e c'è anche un piccolo prato sul davanti. All'inizio non si notano i tre grandi uncini che pendono in ogni stanza, né che ci sono delle grandi strisce di carta rossa (con dei disegni di calciatori sopra) che sono state messe sulle finestre per difendere l'interno dalla curiosità dei passanti. Ma sui pavimenti, nel giardino e anche sul tetto ci sono documenti che testimoniano che questo era un luogo di sofferenza. Testimoniano, per esempio, che a capo del centro di tortura c'era Hashem al-Tikrit, che il suo vice si chiamava Rashid al-Nakib.
    L'ex-prigioniero Mohamed Aish Jassem mi ha mostrato come veniva appeso al soffitto dal suo torturatore, il capitano Amar al-Isawi, che riteneva Jassem un membro del partito religioso Dawa. «Mi legavano le mani dietro la schiena, e mi appendevano per i polsi», mi ha raccontato. «Usavano un piccolo generatore per sollevarmi fino vicino al soffitto. Poi lasciavano cadere di botto la corda, sperando che io mi rompessi una spalla nel cadere».
    Erano dei mostri, questi uomini? Sì. Gli americani li stanno cercando? No. Adesso questa gente lavora per l'America? Sì, è possibile - in effetti alcuni di loro potrebbero essere andati a ingrossare le fila degli ex-criminali che ogni mattina aspettano fuori dall'Hotel Palestine sperando di essere assunti dall'unità civile dei marines. I nomi dei torturatori del centro di Qasimihed - ai pedoni era proibito camminare lungo la strada, per evitare che si sentissero le urla dei torturati - sono tutti nei documenti sparsi sul pavimento.
    Se gli americani e gli inglesi volessero capire la natura dell'opposizione religiosa qui in Iraq, potrebbero semplicemente consultare i documenti dei servizi segreti di Saddam. Alla fine della seconda guerra mondiale, gli ufficiali inglesi e americani che parlavano tedesco hanno rastrellato i documenti negli uffici della Gestapo in tutta la Germania occidentale. C'è un luogo ancor più terribile che gli americani dovrebbero visitare a Baghdad: il quartier generale di tutti i servizi di intelligence, un enorme edificio grigio che è stato bombardato dagli americani. E poi, una serie di ville e di uffici pieni di documenti, carte e liste. È qui che i prigionieri politici speciali di Saddam venivano portati per essere interrogati - le scariche elettriche erano una parte fondamentale di questo processo - ed è qui che Farad Bazoft, il corrispondente dell'Observer, è stato portato per essere interrogato prima di essere ucciso. Anche qui ci sono dei graziosi giardinetti, un asilo - per i bambini dei torturatori - e una scuola dove un bambino ha scritto un tema in inglese su (sembra adatto) Aspettando Godot. C'è anche un piccolo ospedale e una via che si chiama «Via della Libertà», e molti fiori dovunque. È il posto più raccapricciante di tutto il paese.
    Ho incontrato, sorprendentemente, uno scienziato iracheno che vagava spaventato. Era un collega dell'ex-capo dei fisici nucleari iracheni, il dottor Sharistani. «Questo era l'ultimo posto dove volevo essere e non ci tornerò mai più»- mi ha detto- «Questo era il luogo del male assoluto, il più grande male del mondo». Ma gli americani devono vedere. I capi dei servizi di sicurezza del regime hanno avuto molto da fare nelle ultime ore della sua esistenza, impegnati a distruggere milioni di documenti. Sul retro di una villa ho trovato un mucchio enorme di sacchi della spazzatura riempiti con brandelli di migliaia e migliaia di pagine. Non dovrebbero essere trasportati a Washington o a Londra e ricostruiti per interpretarne i segreti? Gli iraniani lo fecero con ciò che rimaneva degli archivi dell'ambasciata Usa a Teheran nel 1980.
    Hanno ragione gli iracheni a chiedere perché gli americani non cercano queste notizie, tanto quanto hanno ragione a domandare perché tutti i membri del governo di Saddam sono riusciti a fuggire. Paragonate a queste questioni la cattura del fratellastro di Saddam e del vecchio terrorista palestinese Abu Abbas, la cui ultima azione violenta risaliva a 18 anni fa, sono consolazioni secondarie. E poi c'è un'altra domanda posta dagli iracheni, alla quale nemmeno io so dare risposta. Nell'ultimo weekend dell'invasione gli americani hanno sganciato quattro bombe da 2000 libbre sull'area residenziale di Mansour, a Bagdad. Si sono giustificati dicendo di aver ritenuto che lì ci fosse Saddam. Sapevano che avrebbero ucciso dei civili perché, come ha spiegato uno dei «mandarini» del Centcom, «questa non era un'azione senza rischi». Così gli americani hanno sganciato le loro bombe uccidendo 14 civili, quasi tutti membri di una famiglia cristiana. Dopo aver fatto questo hanno anche detto di non poter essere sicuri di aver ucciso Saddam finchè non avessero condotto dei test sul posto. Anche questa dei test si è rivelata una bugia. Sono andato al sito del bombardamento due giorni fa. Non c'era nemmeno un ufficiale inglese o americano. Nessun ufficiale con compiti investigativi si era preso la briga di andar a guardare nel cratere aperto dalle bombe.
    I crateri adesso sono un luogo di pellegrinaggio per la gente di Bagdad. Poi ci sono i fuochi che hanno distrutto tutti i ministeri della città, eccetto, naturalmente, i ministeri del Petrolio e dell'Interno. Tra i roghi sono andati distrutti anche gli uffici dell'Onu, alcune ambasciate e centri commerciali. Ho contato più di 35 edifici ministeriali andati a fuoco. E il numero cresce.
    C'è qualcosa di estremamente pericoloso ed inquietante nelle folle che danno fuoco agli edifici di Bagdad, tra cui gli archivi e le librerie. Perché queste folle non sono composte da saccheggiatori. Questi arrivano per primi. Gli incendiari compaiono dopo, in bus a due piani blu e bianchi. Ne ho seguito uno mentre fuggiva fuori della città, dopo che i suoi occupanti avevano dato fuoco al Ministero del Commercio. La linea ufficiale dei comandi americani su questi eventi è che i saccheggi sono mossi dalla voglia di vendicarsi e che gli incendi sono appiccati dagli «ultimi fedeli di Saddam». Ma la gente di Bagdad non crede che siano i vecchi supporters di Saddam a fare tutto questo. E nemmeno io. Sicuramente qualcuno li paga. I passeggeri di quegli autobus vengono chiaramente indirizzati ai loro bersagli.. Se Saddam li avesse pagati in anticipo non avrebbero svolto il loro compito. Nel momento in cui Saddam fosse sparito, si sarebbero intascati i soldi e si sarebbero dimenticati del piano. Ma allora chi sono questi eserciti di incendiari? Non lo sappiamo. Come ho già detto c'è qualcosa di terribile qui a Bagdad. Qualcosa che deve essere chiesto direttamente al governo degli Stati Uniti, perché il Segretario alla Difesa Rumsfeld l'altro giorno ha negato che vi fossero saccheggi e distruzioni in larga scala a Bagdad? La sua dichiarazione era sicuramente una bugia. Ma perché dirla? Gli americani dicono di non avere abbastanza truppe per controllare i fuochi. Anche questo è falso. Se non ne hanno abbastanza, cosa stanno a fare tutto il giorno le centinaia di soldati accampati nei giardini del memoriale della guerra con l'Iran?
    Gli iracheni si chiedono perché ancora non hanno acqua ed elettricità, nell'interesse di chi l'Iraq viene smontato, diviso, bruciato, distrutto, privato di storia. Perché milioni di persone sono costrette a vivere sotto il coprifuoco da un esercito di «liberatori»? E non sono solo gli abitanti di Bagdad, in gran parte sciti, a fare queste domande. Ma sono anche gli sciti di Najaf e di Nassariah. Proprio qui, mercoledì, 20.000 persone hanno contestato il primo tentativo di creare un governo fantoccio. Anche a Mossul una folla ha dato fuoco alla macchina del governatore pro-americano dopo che questi aveva promesso aiuto americano a riportare l'elettricità in città.
    È facile per un reporter prevedere sventura. Soprattutto dopo una guerra brutale, priva di una legittimazione internazionale. Ma la catastrofe è da sempre pronta per gli ottimisti in Medio Oriente. E specialmente per quelli che non lo sono davvero e invadono nazioni ricche di petrolio accampando scuse di tipo ideologico, sventolando dichiarazioni morali, accusando senza prove gli invasi di possedere armi di distruzione di massa. Così posso sbilanciarmi in una predizione funesta. Che la guerra di «liberazione» americana è finita, e che la guerra irachena di liberazione dagli americani sta per iniziare. In altre parole la vera storia, quella realmente terribile, comincia solo adesso.

  4. #274
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    Predefinito poi se non abbiamo voglia di scherzare

    poi se non abbiamo voglia di scherzare possiamo notare che un argomento di Yuri era dire che si era fuori dalla legittimità internazionale, ma se poi gli si spiega come si è affrontata questa vicenda giuridicamente e politicamente, ti risponde che abbiamo bombardato un paese per un pezzo di carta. Non lo sfiora l'idea che adesso riprenderanno le ispezioni senza un regime che ti piglia in giro, ispezioni che riguardano la nostra sicurezza e cioè anche quella sua e della sua famiglia, che non è nato in Tripolitiania, lui. Però se ci vuole andare e mollare l'occidente lo assicuro che puoò farlo, mica ti facciamo ammazzare come fa Castro con chi scappa. Ma i fascisti siamo noi che lo invitiamo ad andarsene se gli è insopportabile l'occidente in un bel paese orientale. Dimmi un po' Yuri ti sei mai chiesto com'è che si fugge solo dai paesi dittatoriali, si fugge in America e non hai mai visto un americano fuggito in Siria, sempre che non sia un po' toccato come quello che era fra i talebani? Insomma Yuri si sentiva più sicuro con Saddam al potere. Guarda un po' noi che abbiamo visto l'uso delle armi che ha fatto Saddam abbiamo preferito cacciarlo. Abbiamo vinto noi e questo lascia un segno non i tuoi tentativi penosi di dire ma guardate che ci sono cento civili sciiti che protestano, dieci sunniti incazzati e non invece, magari che una divisione di 16 mila uomini ben armata si consegna agli americani senza colpo ferire e dichiarando che ringraziava i liberatori. E' chiaro poi che questa non è un'immagine probante della realtà irachena, ma insomma la consideriamo questa piccola cosa che la guerra non si è combattuta, che la popolazione non si è opposta, o no? E' chiaro che se gli americani non se ne vanno ci saranno dei problemi, ma non è che se ne vanno quando c'è un popolo bisognoso di soccorsi. Poi c'è il quadro internazionale, un'ipotesi di distensione con gli israeliani, che se volessero possono arrivare a Beyruth oggi, ma invece vuoi che si ritirino?, ma è quello che ha detto Sharon e che Nemehr Ammad ha apprezzato. Ammad è un traditore, ci sarà Yuri a rappresentare l'Olp in Italia, adesso, va! Gli sciiti in Iraq protestano:ma se l'Iran vuole la distensione con gli Usa! Secondo te conta più il mullha di mosul o il capo religioso dell'Iran? Yuri c'è la politica di mezzo, una cosa troppo difficile per te. Resta a leggere i manga del tuo avater a cui assomigli sempre di più.

  5. #275
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    Predefinito

    Cari amici,
    ... per delle persone ragionevoli diventa difficile capire come sia possibile che a volte non si riesca a condurre a termine un negoziato con buona soddisfazione di entrambi i negoziatori ... se pero' uno analizza che dall'altra parte del tavolo delle trattative ci potrebbe essere qualcuno come Yurj ... allora si dovrebbe rendere ben conto che ... qualsiasi negoziato e' impossibile con chi non ha come scopo finale della trattativa ... la convergenza degli interessi ... ma ha il solo scopo di "negoziare" all'infinito ... perche' questa e' la sola cosa che lo "diverte" e lo appassiona.
    Mai affidare a queste persone negoziati che coinvolgano interessi anche di altri, di gruppi ... e tantomeno di comunita' ... perche' gli aspetti edonistici sono per costoro troppo coinvolgenti !
    Non parlo a vanvera ... ve lo assicuro ... ho fatto per 15 anni il mestiere di "negoziatore" ... fra le mie varie attivita' c'e' stata anche quella di Buyer ... e quindi so bene di cosa parlo !

    Un fraterno saluto

  6. #276
    Hanno assassinato Calipari
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    Predefinito

    Castro non spara a chi scappa. Da Cuba e' libero chiunque di andare via, sono gli Usa che non danno i visti!!

    Sono gli usa che invitano con radio clandestine ad andare in mare con le zattere, dicendo che e' facile.

    Sono gli usa che fanno una legge che dice che se un cubano tocca la terra statunitense, allora e' immigrato regolare.

    Questo e' un invito a farsi mangiare dagli squali, indegno di un paese civile.

    Per non parlare delle lance con traffico di esseri umani, che agiscono sotto la supervisione dei guardacoste statunitensi.

  7. #277
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    Predefinito su cuba mi vergogno

    su cuba mi vergogno insieme a Bertinotti, Ingrao e mi pare anche Liberazione che incredibilmente la pensano come un fascista come me.
    Abbiamo poi capito l'idea del diritto di Yuri: se un paese ostile non ti da il visto di ingresso e tu vuoi andarci lo stesso ti ammazzo.
    Però: capisco sempre di più perchè gli piaceva Saddam.

  8. #278
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    Predefinito a caorle

    devono essere cresciuti senza luce ed elettricità da almeno il 1975. Con il solo giornale della parrocchia e la stampa clandestina della sezione del Pci locale che critica Berlinguer perchè vuole il compromesso storico. Non ho più parole per Yuri.

  9. #279
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    Predefinito Calvin ottimo bolscevico ma non troppo marxiano

    Sta cosa di Marx levatore della violenza sa di luogo comune. La rivoluzione concepita da Marx, oggi più che mai, non coincide con la conquista del potere politico, o con l'abbattimento violento dell'ordine esistente: non è la presa del Palazzo d'inverno, o la conquista per via parlamentare del Governo. Io salto Lenin lo so ma lo faccio in piena sitonia con il vecchio, che, precisamente per questa ragione, non può esser identificato come il teorico della violenza "levatrice" della storia: lo attesta anche una lettura più attenta della nozione di "dittatura del proletariato", che ne circoscrive il senso più all'accumulazione delle forze necessarie alla costruzione di una soggettività antagonista, che a un'ipotesi di "impossessamento" permanente dello Stato e dei suoi apparati. Ci sono saggi saggi marxiani molto importanti, ma anche legati ad esperienze storiche connotate, come La guerra civile in Francia, la sopravvalutata Critica del programma di Gotha e lo stesso Manifesto, tutto nell'orizzonte dei moti del '48 per cui difficile da assolutizzare. Perché invece non attingere di più al Capitale e ai Grundrisse? Proprio nel rapporto di fondo che i Lineamenti descrivono tra capitalismo maturo, quello che assume la scienza (il General Intellect) come principale forza produttiva, e comunismo, è implicita una rivoluzione che ha il suo asse cruciale nella liberazione, nella autodeterminazione dell'individuo sociale, nella riappropriazione umana di una ricchezza tanto grande, che il rapporto capitalistico (mondializzato) di produzione costituisce ormai una "ben misera base" di sviluppo. Una rivoluzione di questa natura è ben altro da una lotta "puramente politica" o adirittura "militare": esige invece un rivoluzionamento di tutti i rapporti sociali e di tutte le relazioni interpersonali, impone la costruzione, nella pratica del conflitto, di concrete "prefigurazioni" sociali e politiche che insieme modificano i rapporti di forza e alludono a un ordine diverso, e chiede un adeguamento dei mezzi, che non possono più separarsi, più di tanto, dai fini ultimi. Una rivoluzione di questa entità non può che essere nonviolenta.

    Rosa Luxemburg che è la mia marxista preferita e che si indignò per le votazione dei socialdemocratici dei crediti di guerra, disse più volte che una rivoluzione così matura e così radicale, non è possibile, in nessun caso, concepirla come putschismo. Oggi è ancora più attuale questo riferimento proprio perchè credo che giustizia e pace cercano sempre più di convergere (Bush permeytendo), e io voglio essere in grado di propormi lotte che non mi rendano simili all'avversario di cui ci vogliamo liberare: oggi esiste la possibilità storica di superare fino in fondo la militarizzazione della politica.

    "L'attività rivoluzionaria più impietosa e l'umanità più generosa, questo solo è il respiro del socialismo. Bisogna abbattere un mondo, ma ogni lacrima versata, anche se è stata asciugata, è un atto d'accusa; ed una persona che perseguendo uno scopo troppo importante calpesta un verme per brutale mancanza di attenzione commette un delitto (1918)". Rosa Luxemburg

    P.G.
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

    Partigiano antifascista, Venezia, 1943





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    Non ho mai parlato di Impero americano, anzi ho più volte detto che l'Impero non è solo americano. Magari lo fosse. Dell'Impero faceva parte anche Saddam perchè anche lui aveva un ruolo di assetto "imperiale" che gli fu dato e oggi gli è stato tolto con un prezzo assurdo pagato il popolo iracheno innocente massacrato da una guerra. E' chiaro che gli USA hanno un ruolo d'avanguardia e concordo pure che la questione delle risorse è tuttavia marginale. Ho già spiegato eprchè.

    Nehmer Ammad era contro la guerra, senza se e senza ma. Oggi la sua più che una profonda analisi del dopoguerra iracheno in M.O. sembra più l'ennessima speranza che adesso si risolva la drammatica questione del suo popolo. Francamente, avrebbe potuto dire l'inverso nella sua piena solitudine in cui è stato lasciato, lui e la causa del suo popolo, dalla comunità internazionale negli ultimi mesi? E poi, Nehmer Ammad, è anche per la liberazione immediata di Abbas. Tanto moderato non sembra.


    P.G.
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

    Partigiano antifascista, Venezia, 1943





 

 
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