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  1. #31
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    Predefinito Roma, 20 gennaio 2003 (agenzia Adnkronos)


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    P.A./La Malfa: indipendenza è essenziale per Stato efficiente

    Se Mazzella vuol correggere norme vigenti ha da oggi nostro sostegno

    ''Sono pienamente d'accordo con l'impostazione del ministro Mazzella per cio' che concerne la pubblica amministrazione ed in particolare con la sua affermazione di ritenere la neutralita' e l'indipendenza della stessa, essenziali per il buon funzionamento dello Stato''. Lo ha sottolineato il presidente del Pri, Giorgio La Malfa, commentando l'intervista al 'Corriere della Sera' del ministro della Funzione pubblica, Luigi Mazzella, che chiede autonomia dalla politica per i dirigenti dell'amministrazione statale. ''Aggiungo - ha detto La Malfa - che di fronte ad una riforma delle istituzioni ed un ulteriore rafforzamento dei poteri del governo, a maggior ragione, occorre salvaguardare i principi di autonomia della pubblica amministrazione per garantire, con i sufficienti contrappesi, l'equilibrio istituzionale. Se il ministro Mazzella intende intervenire per correggere la normativa vigente -conclude- incontra gia' oggi il nostro sostegno''.

  2. #32
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    Predefinito tratto da IL CORRIERE DELLA SERA 15 febbraio 2003


    Il presidente della Repubblica scrive al premier sulla crisi dell'Iraq
    Ciampi: «Apprezzo l'opera del governo»
    «Giusto mantenere la questione del disarmo
    di Bagdad nell'ambito delle Nazioni Unite»

    Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi tra i ragazzi siciliani (Ap)
    ROMA - «Apprezzo l'opera compiuta da lei e dal governo da lei presieduto, per mantenere la crisi irachena nel quadro dell'Onu», scrive il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in una lettera inviata ieri al presidente del consiglio Silvio Berlusconi e resa nota da Palazzo Chigi. «Sento il bisogno di condividere con il governo alcune riflessioni» è la premessa di Ciampi, nel sottolineare che viviamo «un momento particolarmente delicato» e che si «approssimano importanti scadenze internazionali Ue, Onu e Nato». «Il mio primo pensiero - aggiunge - va al mantenimento della pace e agli sforzi che tutti debbono compiere per la sua salvaguardia. Conservo la speranza, confortata dall'impegno attivo che i governi italiani hanno sempre assicurato al consolidamento del sistema multilaterale, che le Nazioni Unite riescano a mantenere la pace e la sicurezza internazionale ed ottenere l'eliminazione delle armi di distruzione di massa dall'Iraq. Il Consiglio di Sicurezza esercita una responsabilità primaria nel fronteggiare le minacce alla pace e deve mantenere questo ruolo nelle deliberazioni dei prossimi giorni».

    QUADRO ONU - L'azione svolta dal governo per mantenere la crisi irachena nel quadro dell'Onu, sottolinea Ciampi, «s'inquadra nelle linee di fondo della politica estera italiana mantenute costanti nel volgere degli anni e dei governi: il sostegno pieno al sistema delle Nazioni Unite; la complementarietà tra l'integrazione europea e il legame transatlantico incarnato dall'Alleanza Atlantica e che venne definito, a ragione, una scelta di civiltà. Nella convinzione che queste finalità vadano perseguite l'una non a scapito dell'altra, riveste per i paesi europei un particolare importanza, per elevatezza di obiettivi e per la sua complessità il processo di integrazione europea.

    RICONCILIAZIONE - «Esso - continua la lettera del capo dello Stato - costituisce un percorso liberamente sottoscritto, imperniato sulla riconciliazione e sulla volontà di vivere insieme; è un disegno di lunga durata; tocca l'avvenire di tutti noi. Lo sostiene un vasto consenso parlamentare, politico, nazionale: ricordo il riferimento al ruolo di Paese federatore storicamente svolto dall'Italia contenuto nella Risoluzione approvata a vasta maggioranza dal Parlamento alla vigilia del Consiglio Europeo di Laeken; avverto nei miei viaggi in Italia la convinzione che l'avanzamento dell'Europa corrisponde a una profonda aspirazione del popolo italiano».

  3. #33
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    Predefinito Dalema il ... "battitore libero"

    In uno dei TG di questa sera, a margine della manifestazione dei "pacifisti" svoltasi a Roma, Dalema ha rilasciato una dichiarazione ... camminando ... dove affermava che:
    ...Questo Governo e' fatto da quattro "scalzacani" ...
    L'orario dell'intervista era all'incirca quello in cui il Presidente della Repubblica, con una lettera click di apprezzamenti, faceva l'elogio di questo Governo ... soprattutto proprio per la "gestione" della questione iraqena.
    Con cio' il Dalema ha preso due piccioni con una fava sola ... cercando di deleggittimare due delle massime funzioni istituzionali della nostra Repubblica ... il Governo e la Presidenza della Repubblica.
    Ecco ... e' in questi casi che gli amici repubblicani ... i veri democratici della sinistra riformista italiana ... dovrebbero gridare VERGOGNA !!

    Soprattutto in ricordo anche del fatto che il "pacifista/marciatore" Dalema di oggi e' lo stesso che mando' i nostri soldati a fare la guerra alla Jugoslavia, senza un deliberato dell'ONU e soprattutto senza convocare il Parlamento.

  4. #34
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    Predefinito tratto da IL TEMPO 20 marzo 2003


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    SCHIERATI CON 50 ANNI DI STORIA

    di SILVIO BERLUSCONI*

    Saddam Hussein non è l'unico autocrate nel mondo a possedere armi di distruzione di massa di tipo chimico, batteriologico e radioattivo. Non è l'unico ad aver lavorato attivamente per un programma nucleare, ma è l'unico ad aver usato quelle armi su larga scala in una lunga storia di aggressività militarista ai danni dei suoi vicini e del suo stesso popolo. La situazione di crisi internazionale generata dall'11 settembre e dalla scelta, in dimensioni fino a ieri impensabili, del terrorismo suicida contro la popolazione civile, contro donne, vecchi e bambini, ha reso necessaria una seria mobilitazione della comunità internazionale per ottenere finalmente, in modo certo, la resa del regime di Baghdad alle regole che presiedono alla sicurezza globale del pianeta(...)
    Dobbiamo giudicare, ora, le evoluzioni della crisi alla luce degli avvenimenti di questi ultimi giorni. Gli alleati hanno rinunciato a mettere ai voti un'ulteriore risoluzione - sarebbe stata la diciassettesima - che avrebbe dato un tempo certo ed ultimativo a Saddam Hussein per disarmare, pena l'inizio di un intervento militare. Hanno rinunciato a farlo dopo quattro mesi e mezzo di affannosi negoziati diplomatici, di lavoro degli ispettori e di sviluppi ambigui della politica irachena. Lo hanno fatto dopo che un paese membro permanente del Consiglio di sicurezza, la nostra amica ed alleata Francia, aveva legittimamente - tuttavia, a mio parere, sbagliando - annunciato che avrebbe messo il veto.
    È così che si è, purtroppo, chiusa la vicenda diplomatica nella quale l'Italia, che pure non è nel Consiglio di Sicurezza, aveva giocato in modo autorevole e responsabile tutte le sue carte. E le aveva giocate allo scopo di tenere insieme l'alto prestigio e l'efficacia delle Nazioni Unite, la funzionalità e l'operatività politico-militare della Nato e quel tanto che era possibile realizzare di coesione in un'Unione europea che su questa materia, purtroppo, si è rivelata politicamente divisa.
    È forte anche per noi il rammarico perché tale obiettivo di pace non si è realizzato. Non è mancato il nostro impegno in una ricerca ampia ed approfondita di soluzioni che potessero scongiurare il ricorso alla forza garantendo però, naturalmente, il disarmo completo dell'Iraq. Lo abbiamo fatto consapevoli della spinta sincera dell'opinione pubblica e sensibili come sempre al richiamo spirituale ed all'alto messaggio del Santo Padre (...)
    La crisi irachena ormai si pone in termini nuovi. Gli alleati hanno ingiunto al dittatore, dopo prove di pazienza durate 12 lunghi anni. Se 12 lunghi anni non sono pazienza, non so quale periodo possa essere okay. Hanno chiesto al dittatore di dimettersi e di lasciare il paese con la sua corte, garantendogli una speciale immunità, unica possibilità ormai per scongiurare il ricorso alla forza. La probabilità che si arrivi all'intervento armato è ormai obiettivamente molto alta è scaduto l'ultimo invito. Non è più in gioco la via al disarmo iracheno, ma la chiara collocazione del nostro paese rispetto al conflitto che oppone alcune grandi democrazie nostre alleate; è in gioco la scelta tra chi ha, storicamente ed eroicamente, testimoniato un impegno per la libertà degli uomini e chi ha trasformato il suo paese in una camera di tortura e di eliminazione degli avversari.
    È in gioco il nostro sostegno aperto a un paese che ha subito il terrorismo e vuole combatterlo estendendo nel mondo il perimetro delle libertà in coerenza con cinquant'anni di storia democratica e repubblicana, cinquant'anni di una politica estera di pace, europea ed atlantica.

    *dall’intervento del premier in Parlamento

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  5. #35
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    Lo scontro a Strasburgo

    Profilo alto e nervi saldi, signor Presidente

    Non abbiamo voluto esprimere a caldo le nostre valutazioni sull’episodio avvenuto ieri a Strasburgo, a conclusione della seduta del Parlamento Europeo convocata per ascoltare le dichiarazioni del Presidente del Consiglio sul semestre italiano di presidenza dell’Unione Europea. Prima di esporre una nostra opinione abbiamo preferito riflettere a fondo. In questi mesi abbiamo evitato, volutamente, di alimentare, per parte nostra, le divisioni nella maggioranza che ci sono e che si stanno aggravando – come mostra la bocciatura ieri del decreto-legge del Governo sulla vendita degli immobili della Difesa – portando all’aperto i nostri punti di vista. Abbiamo scelto di comunicare le nostre idee e le nostre posizioni direttamente al presidente del Consiglio o ai suoi ministri, perché le coalizioni non possono divenire dei fori aperti di discussione, ma debbono procedere alle loro deliberazioni con un certo grado di riservatezza. Proprio per non dovere esprimere pubblicamente le nostre posizioni sui singoli dossier abbiamo insistito sulla necessità di fare partecipare regolarmente il Partito Repubblicano alle riunioni della maggioranza per dare in quella sede e in modo riservato e costruttivo, il nostro contributo alla coalizione. Questo per quanto riguarda le scelte e gli indirizzi del governo. Ma ciò che è avvenuto ieri a Strasburgo non riguarda la linea politica del Governo italiano bensì un atto, o meglio, una reazione emotiva del presidente del Consiglio, sulla quale non possiamo non dire apertamente il nostro pensiero, né nascondere che, secondo noi, il presidente del Consiglio ha commesso un errore che forse avrebbe dovuto riconoscere lui stesso immediatamente, contribuendo così a chiudere il caso. E’ un peccato, giacché il disegno politico delineato da Berlusconi nel corso del discorso di presentazione del suo programma, è un disegno importante per l’Europa, perché da un lato esso prevede il rafforzamento delle sue istituzioni, e dall’altro riafferma la solidarietà che non può non esservi fra l’Europa e gli Stati Uniti. E’ un disegno anticipato nei fatti da una politica internazionale dell’Italia in questi mesi, che noi abbiamo apprezzato, volta a rafforzare la nostra autonomia, a svolgere una funzione importante, come Stato indipendente e come Unione Europea, per la pace in medioriente ma anche e soprattutto volto ad evitare una scollatura nel mondo Occidentale."L’Occidente deve restare unito" - ha detto Berlusconi e in questa frase si riassume un impegno politico cruciale.

    E’ comprensibile che questa posizione dell’Italia alimenti delle difficoltà nei rapporti con altri paesi europei ed in particolare con la Germania ed è probabile e comprensibile che nel momento in cui il presidente del Consiglio, con tale precedente, si colloca alla guida dell’unione, la preoccupazione di chi quella linea non ha condiviso e non condivide aumenti e si faccia sentire. In questo senso tanto maggiore è l’errore di cedere a quella che lo stesso Schulz ha ammesso di essere una provocazione. Proprio per questo diciamo all’on. Berlusconi che, consapevole della posta in gioco, egli non può permettersi questi errori.

    Vi sono molte attenuanti per la reazione del Presidente del Consiglio. Il clima era pesante. Il Times di Londra solo due giorni fa annunciava che si sarebbe preparata una rude accoglienza a Silvio Berlusconi nel giorno della presentazione del suo programma a Strasburgo. Ed è evidente lo stretto collegamento fra le posizioni delle opposizioni in Italia e quelle di una serie di Governi europei di centro-sinistra e dei partiti che a livello europeo fanno parte del centro-sinistra. Che sia così è non solo inevitabile, ma è anche un segno del progressivo emergere di un quadro politico europeo nel quale le forze fra loro omogenee si sostengono e si aiutano reciprocamente.

    Berlusconi non può sorprendersi che la sinistra europea si mobiliti compattamente contro di lui: fu proprio lui a cogliere, a metà degli anni ‘90, l’importanza crescente degli schieramenti politici europei e l’influenza che l’adesione del suo movimento al PPE avrebbe avuto sugli esiti della politica italiana. Egli deve dunque essere preparato ad attacchi di esponenti politici che desiderano positivamente aiutare l’opposizione italiana e saperli fronteggiare adeguatamente con calma e sangue freddo.

    Quindi Presidente, tenga i nervi saldi, Lei e la Sua maggioranza. La attendono prove ancora più impegnative nei prossimi mesi, nei quali Lei dovrà mostrare di saper riprendere in mano con energia la guida politica della maggioranza e del Governo e nello stesso tempo assicurare un alto profilo al semestre europeo.

    Roma, 3 luglio 2003


    tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

  6. #36
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    Soluzione positiva

    Resta aperto il problema degli assetti politici nella maggioranza

    Il governo, annunziando attraverso il vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini il suo via libera alle rogatorie che consentiranno ai magistrati di Milano di svolgere le indagini su Mediaset, ha fatto la cosa migliore che poteva fare, e ne siamo soddisfatti. Vogliamo credere che si sia chiuso così un incidente increscioso e si possa andare avanti con maggiore serenità. Ci chiediamo comunque se, usando un atteggiamento di maggior cautela, non ci saremmo potuti risparmiare le tinte estreme di questa vicenda.

    Purtroppo la prudenza, che Giovanni Spadolini dispensava come consiglio fondamentale per l'agire politico, è una virtù difficile da praticare. Ultimamente, a vedere quello che è successo, sembra che ce ne siamo un po' tutti allontanati.

    L'articolato della legge in questione a noi era parso chiaro: parlava di sospensione dei processi per le alte cariche dello Stato e non delle indagini ad esse relative. Anche se abbiamo appreso interessanti e dottissime disquisizioni giuridiche, non capiamo l'utilità di aprire quel contenzioso in cui è caduto, suo malgrado, il ministro di Grazia e Giustizia. A sua difesa diciamo volentieri che non è né facile, né piacevole il compito del Guardasigilli quando c'è una parte della magistratura militante che indossa la toga quasi come fosse un vessillo da esibire per contrastare l'azione del governo.

    Sappiamo che questa situazione incresciosa risale per lo meno al tempo del famoso discorso del procuratore capo di Milano Saverio Borrelli, con il suo "resistere", "resistere", "resistere". Si tratta di una presa di posizione che non è certo adeguata a quell'istituzione e che risulta persino incresciosa. Ma non si può comunque pensare di risolvere un conflitto di questo tipo, impegnandosi in un braccio di ferro fra corpi dello Stato. Dunque, l'unica soluzione praticabile è quella di restare freddi e di attenersi scrupolosamente alla legge, in modo da poter chiedere ai magistrati di fare altrettanto. Il fatto poi che alcuni di essi preferiscano interpretare le leggi, quando non, addirittura, preferirebbero scriversele, non deve trascinare il governo o i suoi membri a comportamenti simili. Insomma, non c'è mai ragione di imitare chi perde la testa.

    Capiamo bene la voglia di reagire quando ci si trova sottoposti al fuoco continuo ed insistente di una parte avversa, ma il nostro consiglio è di non esercitare questa reazione se non limitata strettamente al mandato costituzionale che ad essa spetta, quando spetta. Se una parte della magistratura ha scelto un bersaglio e non vuole rinunciare a colpirlo, non chiederemo certo al governo di porgere l'altra guancia, ma di far sì che si eviti di rispondere colpo su colpo. Ha fatto bene Castelli ha inviare gli ispettori a Milano, a fronte di diverse accuse di irregolarità nelle inchieste svolte; sappia però che in questo modo, da quel momento, lui è un bersaglio per chi ritiene le inchieste dei giudici l'unica possibilità di successo etico per il nostro Paese.

    Comprendiamo meno bene, invece, la voglia di divisione e di polemica da parte della maggioranza. Se un sottosegretario non è d'accordo con il suo ministro, cerca di parlargli e, nel caso in cui non si componga questo disaccordo , buon senso vuole che si cerchi di circoscriverlo nella maniera più discreta, possibilmente, entro le mura dello stesso dicastero.

    Sono questi aspetti di comportamento elementare, che non possono mancare a quelle personalità coinvolte in questa vicenda che ha animato la scena politica degli ultimi giorni.

    Per questa ragione temiamo che non si tratti di semplici momenti umorali, che segnano le difficoltà della convivenza di forze diverse all'interno di una stessa coalizione e che bene o male si supereranno. Invece abbiamo a che fare con problemi politici seri che riguardano direttamente gli assetti della maggioranza ed anche le sue prospettive future.

    Si è parlato a lungo di chiarimento e di collegialità. Forse è davvero il momento di definire il chiarimento e di mettere in pratica la collegialità se non si vuole che l'insieme degli obiettivi che il governo si pone e dei problemi a cui si dovrà andare incontro, trovino governo e maggioranza privi della necessaria compattezza.

    Roma, 29 luglio 2003

    tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

  9. #39
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    La Nota Politica

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    Centrodestra a rilento

    Un premier innovatore, una maggioranza rissosa che frena le riforme

    Il vertice di maggioranza convocato dal Presidente del Consiglio su previdenza e finanziaria - e di cui avevamo dato notizia sulla "Voce" di ieri - è saltato all'ultimo momento. Non sappiamo, per ora, se e come la crisi sarà superata. Sappiamo per certo, invece, che il Presidente del Consiglio è di gran lunga migliore della sua coalizione. La conferma la si ritrova nei successi che coglie in politica estera, un terreno sul quale può muoversi liberamente, senza essere sottoposto alle pressioni corporative di cui i partiti che lo sostengono - o gruppi organizzati al loro interno - sono spesso espressione.

    E' innegabile che Silvio Berlusconi ha superato brillantemente l'esame "newyorkese". Alle Nazioni Unite ha espresso con equilibrio la posizione europea, senza perdere di vista l'alleanza strategica con gli USA e ribadendo la priorità della lotta al terrorismo. Presso l'associazione ebraica "Antidefamation League", che gli ha conferito il premio di statista dell'anno, ha confermato l'importanza che per il governo italiano riveste lo Stato d'Israele. A Wall Street ha cercato di vendere un'Italia forse migliore di quanto non sia quella attuale, ma è giusto che il premier di un paese ne esalti gli aspetti migliori.

    La conferma di questa nostra valutazione si ritrova anche nell'insistenza con cui sollecita, alla sua maggioranza in primo luogo, una riforma strutturale del sistema previdenziale. Proprio per i suoi contatti internazionali, è consapevole che solo per questa via l'Italia potrà avere ancora credibilità ed evitare una retrocessione che è nell'aria; una retrocessione che trova le sue origini proprio nelle mancate riforme, che il centrosinistra non fece in cinque anni (e durante una fase di crescita economica, che le avrebbe rese più agevoli) e di cui però questo governo deve necessariamente farsi carico.

    Dobbiamo anche aggiungere che forse la sua spinta innovativa - ben diversa da quel partito conservatore e moderato che ogni tanto qualcuno ipotizza nel centrodestra - avrebbe bisogno proprio di una maggiore presenza politica repubblicana: di una forza, cioè, laica e moderna, attenta ai problemi del mondo contemporaneo e refrattaria alle incrostazioni ideologiche.

    Magari piccola nei numeri ma qualificata nelle competenze. E quindi vicina agli impulsi modernizzatori del premier molto più che alle resistenze corporative di parti della sua maggioranza.

    Roma, 26 settembre 2003

    tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

  10. #40
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    Perbacco! Che grande statista! Perchè la nota politica non aggiunge pure che Berlusconi è meglio di Giolitti o De Gasperi. E poi che innovatore! Quante riforme, nessuna gaffe. Siamo proprio fortunati ad avere un premier così! E meno male che il Pri ci si è alleato!!!

 

 
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