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Discussione: LOMBARDIA Repubblicana

  1. #41
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    Predefinito tratto da IL GIORNO 5 febbraio 2003


    -------------------------------------------
    Archivio comunale affidato alla cultura

    MONZA — Le sorti dell'archivio storico comunale siano affidate alla cultura.
    Il consigliere repubblicano Ettore Radice ha chiesto lunedì che questo «patrimonio storico di grandissima rilevanza, sia reso disponibile agli studiosi che vogliono approfondire aspetti ancora poco conosciuti della nostra storia cittadina con spazi adeguati, personale competente e postazioni informatiche».

  2. #42
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    Sezione "Carlo Cattaneo"
    del Partito Repubblicano Italiano
    Milano - febbraio 2003


    Cari amici,
    Quest’anno sarà il
    centenario della nascita di Ugo La Malfa

    Voglio anticipare di qualche mese le celebrazioni che ci saranno, tutte autorevoli e qualificate, che permetteranno di approfondire la figura dell’uomo politico scomparso ormai da ventiquattro anni per ricordarne con voi il personaggio e la sua storia.
    Ugo La Malfa è nato a Palermo il 16 maggio del 1903, ha studiato alla Ca’ Foscari di Venezia e ancora molto giovane ha militato nelle file del movimento liberaldemocratico di Giovanni Amendola ma l’arrivo del fascismo lo costrinse ad abbandonare ogni attività politica. Solo a partire dal 1943, con la lotta clandestina, poté ritrovare il suo ruolo nel Partito d’Azione da cui uscì nel 1946 per fondare con Parri Democrazia Repubblicana essendo entrato in contrasto con la prevalente ideologia radico-socialista del P d’A. Aderì in seguito al Partito Repubblicano e sostenne con energia nel ‘48 la campagna antifrontista poi fu Ministro per il Commercio con l’estero nel Governo centrista di De Gasperi e qui ottenne il suo primo successo politico con l’approvazione del Trattato per la liberalizzazione degli scambi. A partire dal 1953, in accordo con gli “Amici del Mondo” e i Radicali, sostenne l’allargamento della maggioranza ai socialisti e fu Ministro del Bilancio nel primo Governo di centrosinistra dove redasse la “nota aggiuntiva” al bilancio che rappresentò il vero programma economico per i Governi di quella coalizione politica.
    Ben presto però quella strada fu abbandonata e le sue proposte disattese e La Malfa iniziò ad accentuare la sua “critica interna” al centrosinistra.
    D’altronde, autorevole come era ormai in tutto il Paese, aveva iniziato un pubblico dibattito con gli stessi comunisti e in particolare con Giorgio Amendola.
    Fu Vicepresidente del Consiglio nel Governo Moro del 1974. Nelle difficilissime situazioni che seguirono fu assai rigido nella difesa dei valori costituzionali e, in questo, trovò un accordo con Enrico Berlinguer.
    Morì improvvisamente nel marzo 1979 essendo Vicepresidente del Governo presieduto da Andreotti.
    Nel Partito Repubblicano arrivò a segretario solo nel 1964 avendo dovuto superare lunghi scontri con gli ambienti tradizionali del Partito e particolarmente con l’On. Pacciardi. Dal momento della sua Segreteria la sua leadership nel Partito fu assoluta ma la sua influenza culturale e politica si estese molto al di fuori dei confini del PRI. Al momento della morte la sua figura venne percepita come quella di uno dei fondatori della Repubblica e uno di coloro che ne avevano determinato l’indirizzo e lo sviluppo. Ciò avvenne, appunto, dopo la sua morte perché in vita, Ugo La Malfa, fu un uomo politico assolutamente anomalo nel panorama italiano, sia per le posizioni culturali assai moderne e che privilegiavano la visione economica, sia per la posizione più propriamente politica, molto coerente e slegata da qualsiasi venatura demagogica. Spesso isolato, quasi sempre anticipatore dei tempi, attaccato dalla stampa di sinistra e ignorato da quella di centro, odiato dal “moderatume” ma assai rigido su posizioni filo atlantiche e filo occidentali, La Malfa fu un leader che dovette conquistare giorno per giorno per lunghi anni la propria credibilità e i suoi rari successi.
    Per la mia generazione rappresentò un riferimento e una speranza. Quarant’anni fa in una rarissima apparizione alla televisione fece un appello, col suo profondo accento siciliano, a quei giovani di cultura liberale che volessero dare un contributo al rinnovamento del Paese. Non aderimmo in molti ma quelli che bastavano per iniziare una piccola avventura politica, né eroica come lo era stato per le generazioni precedenti, né confusa e mediatica come lo è per quelli che sono venuti dopo.
    Seguivamo le teorie di Keynes per un intervento non strutturale ma congiunturale dello Stato nell’economia, credevamo alla formazione di una classe dirigente politica che aveva lo scopo di indirizzare il Paese e non di essere guidata dai sondaggi, pensavamo che il successo elettorale, che non arrise mai a Ugo La Malfa, dovesse essere la conseguenza del successo politico e non viceversa.
    E’ passato molto tempo, per quanto mi riguarda le idee non sono cambiate, il bilancio è difficile da fare, molte voci sono negative, forse posso concludere con un aneddoto personale.
    Un giorno andai a prendere Ugo La Malfa alla stazione, arrivò, come al solito, da solo con una valigetta in mano. Lo accompagnai all’albergo con la mia macchina e nella conversazione mi disse: “Sono pessimista sul futuro del nostro Paese ma voi siete una generazione più fortunata della mia, siete nati con la libertà e spero che potrete costruire con le vostre stesse mani un destino migliore per i vostri figli”. Non so se le speranze, non le previsioni, di La Malfa si siano realizzate, ad ogni buon conto io non ho fatto figli (almeno mi pare).

    Un cordiale ed affettuoso saluto.

    Il Segretario del PRI di Milano
    Giacomo Properzj


    N.B. Giorgio Forattini, che ringraziamo moltissimo, ha voluto illustrare questa lettera con un suo disegno (La Malfa guarda melanconicamente dal cielo il nostro Paese) che riprende le affettuose caricature che faceva a quei tempi. Questo mantiene la piccola tradizione che abbiamo inaugurato con Angelo Barcella di far decorare ogni nostra lettera da amici pittori, sperando che dia luogo ad una conservazione fondata se non sui contenuti almeno sulle forme.

    -------------------------------------------------------------
    Questa lettera e' stata inviata a tutti gli iscritti al Partito Repubblicano Italiano della Sezione Carlo Cattaneo di MILANO.

  3. #43
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    Predefinito tratto da LA PROVINCIA.IT 12 febbraio 2003


    ------------------------------------------------------------
    Repubblicani polemici con il Comune: scontato il no della Sovrintendenza a un autoslilo grande
    ‘Parcheggio ma piccolo’

    Piazza Marconi, dossier del Pri: tipica storia italiana

    CREMONA - Il no della Sovrintendenza a un parcheggio di tre piani era scontato, tanto valeva la pena proporne uno su due, con parte del secondo destinato a parco archeologico, ed evitare così di perdere tempo. Anche il Pri scende in campo sull’autosilo di piazza Marconi. I repubblicani sono pochi ma hanno la memoria lunga, affidata com’è a un loro esponente che la telenovela del parcheggio conosce bene: Giuseppe Ghizzoni, consigliere comunale nell’83, quando per la prima volta si cominciò a parlare degli scavi, e presidente della commissione urbanistica di quei tempi. Affiancato dal segretario cittadino del Pri, Anselmo Gusperti, e Gianezio Dolfini, Ghizzoni ha affidato i suoi ricordi sul mancato autosilo a un dossier intitolato ‘Una storia all’italiana: il parcheggio di piazza Marconi’. Il Pri, vi si legge, «osserva allibito tutto questo trambusto sul parcheggio e non può fare a meno di ricordare alla cittadinanza che il problema è vecchio di più di vent’anni e che da più di vent’anni si sa della presenza di reperti» in quella zona. Secondo i repubblicani, l’autosilo sotterraneo va fatto perché bisogna centrare tre obiettivi, tutti importanti: risolvere l’annosa questione dei posti auto per i residenti, creare un’infrastruttura di servizio del centro storico, riqualificare (pedonalizzando, ndr) piazza Marconi al fine di valorizzare Palazzo dell’arte e san Vitale. Bloccato, a quanto pare definitivamente, il parking su tre piani, il Pri gioca una carta, che assomiglia a quella di riserva del sindaco Bodini: «Realizzare un parcheggio sotterraneo su due piani distinti, dei quali il primo per il pubblico e il secondo, in parte, a garage per i residenti e, in parte, a parco archeologico». Ma, diversamente dalla giunta comunale, il Pri aggiunge una postilla fondamentale: «Vista la riduzione dei posti auto disponibili in piazza Marconi — continua il dossier distribuito ieri — di dovrà costruire un parcheggio in via XX Settembre», accanto alla scuola media Vida. Con questo documento i repubblicani cremonesi «non vogliono tanto rivendicare una primogenitura (dovuta) quanto, nella silenziosa palude del dibattito politico, gettare, com’è nostra tradizione, il sasso nel stagno». Gli esponenti del Pri non sanno se la Sovrintendenza approverà un autosilo più piccolo ma sanno, come ha detto Dolfini, «che la Sovrintendenza avrebbe bocciato un parcheggio su tre piani, tanto valeva allora proporne uno meno grande». Il dossier è solo il primo atto del dibattito che il Pri vuole lanciare su piazza Marconi, seconda puntata domenica prossima, alle 10.30 all’hotel Continental, con un momento di confronto pubblico sulla ‘storia all’italiana’.

    (gi.baz.)

  4. #44
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    Predefinito tratto da IL GIORNO 12 febbraio 2003


    -----------------------------------------------
    La lite in nome della pace

    MONZA (Brianza) — Il consiglio comunale litiga per la pace.
    Ha suscitato aspre reazioni lunedì sera in aula consiliare la decisione dell'amministrazione di esporre la bandiera simbolo dei pacifisti, un arcobaleno con la scritta «Pace» che negli ultimi giorni ha per la prima volta fatto capolino sul pennone del palazzo comunale.
    L'iniziativa ha irritato l'opposizione di centrodestra, che ha accusato la giunta di non rispettare le regole e le istituzioni. Ha spiegato Ettore Radice, esponente del partito repubblicano eletto nelle file di Forza Italia: «La bandiera multicolore rappresenta in questo momento quel raggruppamento ideologico e politico che chiede la pace ad ogni costo, senza condizioni. Ma per esporre questo vessillo si sono tolte la bandiera tricolore e quella europea: il sindaco, ha continuato l'esponente repubblicano, ha infranto le leggi che obbligano ad esporre la bandiera nazionale in sieme con quella europea su tutti gli edifici pubblici. Anche la recente legge Violante ribadisce che le uniche tre bandiere da esporre sui pennoni dei palazzi istituzionali sono appunto quelle italiana, europea e dell'ente locale e che la presenza di altri vessilli potrebbe portare a parlare di vilipendio delle istituzioni».
    Ma il repubblicano Radice non si è fermato qui: «Il palazzo civico rappresenta tutti i cittadini monzesi: è sicuro, signor sindaco, che tutti i nostri concittadini sono d'accordo con questa decisione?

  5. #45
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    tratto dal sito web del PRI di Milano


    [color=dark blue]SI ALLA PACE, NO AL PACIFISMO
    NEL 1938 COME NEL 2003[/color]

    a cura del Partito Repubblicano Italiano di Milano
    tratto dal sito web del PRI di Milano

  6. #46
    F***ing stubborn
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    MA SI SONO BEVUTI IL CERVELLO??????? CAPISCO CHE A STARE CON BERLUSCONI NON SI MIGLIORI, MA QUESTA E' GRAVISSIMA!!! SE QUESTO E' IL PRI IO NON NE FACCIO PIU' PARTE
    SALUTI
    ECHIESA

  7. #47
    Amico del forum
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    sono senza parole.

  8. #48
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    LA POLEMICA - Pri: svastica sull’arcobaleno

    La bandiera iridata della pace e, sopra, una svastica nera. Slogan: «Sì alla pace, no al pacifismo.
    Nel 1938 come nel 2003».
    Non ci sono andati leggeri, i repubblicani, che oggi metteranno in Rete (prilombardia.it) il loro manifesto virtuale.
    Pacifisti come nazisti? «Ma no», dice Giacomo Properzj, «il riferimento è al ’38: per "pacifismo" si permise a Hitler di rafforzarsi, se si fosse fatta una "guerra preventiva" ci saremmo risparmiati milioni di morti».

    tratto da http://www.corriere.it/

  9. #49
    F***ing stubborn
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    Ecco, appunto, il Sig. Properzj ed il Sig. Del Pennino, Repubblicani influenti, ora vanno dal LORO Presidente della Regione che era a Roma a ricevere Aziz e gli appuntano la svastica sulla giacca, poi se ne vanno a casa e non rompono più .Questo per logica conseguenza.
    saluti
    echiesa

  10. #50
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    Originally posted by echiesa
    Ecco, appuntoil Sig. Del Pennino, ora va dal Presidente della Regione che era a Roma a ricevere Aziz e gli appuntala svastica sulla giacca. Questo per logica conseguenza.
    PIENAMENTE DACCORDO

 

 
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