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    Predefinito RESTO DEL CARLINO

    Il giorno dell'orgoglio massonico

    PESARO

    Nel giorno dell'orgoglio massonico sono stati in pochi tra i circa 240 «fratelli» iscritti alle logge pesaresi a mancare l'appuntamento.
    Il tema del convegno (società multietnica ed immigrazione) organizzato dal Grande Oriente era di quelli tosti.

    Nonostante questo in pochi hanno mollato gli ormeggi, consci che al di là del confronto specifico era importante l'occasione in sè, il voler uscire allo scoperto dopo gli anni delle inchieste, delle polemiche e di un clima che i massoni italiani hanno spesso definito «da caccia alle streghe».
    Eppure dopo gli interventi - a tema - di Ilaro Barbanti, Donatella Corvatta, Luigi Minardi, Paolo Camillini, Paolo Chiozzi, Marco Cangiotti, il gran maestro del Grande Oriente avvocato Gustavo Raffi ha spiegato che «questo appuntamento è importante soprattutto per i massoni che hanno capito che in democrazia è importante comunicare, avere un linguaggio, tornare a far parte della società». Per l'avvocato Raffi è un ritorno alle origini della massoneria: «Quella che nel settecento ha rappresentato un faro di civiltà, da cui è nato l'Illuminismo e le libere associazioni che sono alla base dei partiti moderni. Partendo da questo e dalla necessità di avere una comunicazione e di giocare un ruolo nella società tutto è stato facile, anche confrontarsi con chi la pensa in modo diverso, ha altri punti di riferimento sociale, culturale e religioso». E, guardando la sala piena, anche di esponenti della Compagnia delle Opere vicina a Comunione e Liberazione, ha aggiunto: «Se qualche anno fa qualcuno avesse proposto dentro la Massoneria o anche dentro Cielle, un confronto di questo tipo sarebbe stato un'eresia. Invece ora è qualcosa di diverso, come diceva Locke "l'eresia di oggi è l'ortodossia di domani"».
    Raffi, da vecchio repubblicano mazziniano, ha fatto la difesa di una scuola «per tutti», «non confessionale», che può anche «non essere pubblica, ma deve avere precisi requisiti, standard, nei docenti e negli accessi». E' il passaggio fondamentale del discorso sulla società multietnica e non a caso passa per la scuola: «Noi mettiamo al centro l'uomo — dice il gran maestro — e così diventa più facile confrontarsi con tutti». Da segnalare in platea la presenza, tra gli altri, del senatore Giuseppe Mascioni e del consigliere regionale Gilberto Gasperi.

  2. #12
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    Furio Bacchini, Un laico dell’Ottocento – Andrea Costa – Libero Muratore, Libero Pensatore, Socialista Libertario, Imola, Ed. La Mandragora 2000, 350 pp. Euro 18

    È con un duplice piacere che si intende presentare un’opera non solo storiografica, ma ricca, come non altre, di approfondimenti di carattere socio-politico, culturale e di pensiero. In primis perché detta opera verte su uno dei miei riferimenti ideali quale è Andrea Costa che ritengo, senza nulla togliere a Filippo Turati, il vero fondatore del socialismo italiano, con il suo Partito Socialista Rivoluzionario Romagnolo del 1882, precursore quindi del successivo Partito dei Lavoratori Italiani di Turati del 1892, divenuto poi Partito Socialista Italiano. L’altro piacere deriva dalla conoscenza dell’autore, l’imolese e romagnolissimo Furio Bacchini, di cui mi erano sempre sfuggite le doti di storico-saggista e fervido interprete del pensiero costiano. Tanti romagnoli, del resto, sono uniti dal pensiero di Andrea Costa, se non altro nei valori di libertà, uguaglianza, giustizia e solidarietà che sono gli stessi che uniscono i liberi pensatori, schivi ad ogni dogma imposto.
    Paolo Orano, commentando la figura di Andrea Costa nella collana “I moderni d’Italia” cui era dedicato il n.3, nel marzo del 1910, scriveva che egli era stato: “la personificazione di quel temperamento romagnolo in cui si trovano avvicinati ma non fusi, e tanto meno agguagliati , gli spiriti latini più visibili, più caratteristici dei popoli d’Italia” e più oltre proseguiva “È un errore credere, come di solito si fa negli ambienti liberali e rivoluzionari italiani, che il romagnolo generoso ed ardente sia un tipo esclusivo dei partiti politici accesi, repubblicano e socialista. Il romagnolo è un po’ dappertutto così, perché, avanti d’essere di questo o di quel partito, egli è romagnolo e la sua fedeltà comincia coll’amicizia, sentimento che in Romagna nemmeno le più acute opposizioni politiche indeboliscono, creatore di una fratellanza devota, amorosa sacrificale, appassionata, della quale dubito sia qualche cosa di simile in altri paesi del mondo” [1].
    Al di là delle lodi alla “romagnolità” del carattere accreditate da un non romagnolo, questa può in parte spiegare le motivazioni interiori che spinsero Andrea Costa ad affrontare una vita piena di ostacoli e vicissitudini per difendere i meno abbienti, che all’epoca potevano essere definiti anche i “nulla abbienti” considerate le condizioni miserrime in cui si trovavano a vivere. Dopo la fine dello Stato Pontificio e la conquista della agognata Unità, la “questione sociale”, come allora era definita era uno dei principali problemi da risolvere. Nella Romagna della seconda metà dell’Ottocento i braccianti, i mezzadri, ma anche gli artigiani, i pochi operai dell’industria non avevano certamente vita facile; ma se la mancanza di mezzi di sostentamento era un problema notevole, lo era a maggior ragione la mancanza di istruzione, retaggio della dominazione papalina. Non che da altre parti l’analfabetismo fosse stato debellato, ma sicuramente in Romagna era un problema molto sentito. A ciò si aggiunga che la mancanza di istruzione, unita al censo, era proprio la causa della carenza dell’elettorato attivo. Anche in Romagna, infatti, dopo l’Unità fino alla riforma del 1882 che portò Costa in Parlamento – dopo avere approvato i sudditi del Regno d’Italia con il suffragio maschile l’annessione – votava poco più del due per cento. E si sentivano sempre meno cittadini e più sudditi. Anche per risolvere questo problema i liberali ed in generale coloro che avevano fatto il Risorgimento, avevano creato le Società Operaie di Mutuo Soccorso, proprio per cercare di risolvere questi due problemi fondamentali, l’istruzione ed il problema sociale che in Romagna in particolare ed in generale in Emilia avevano trovato originali soluzioni politiche, come per esempio le cooperative, che furono di origine liberale e mazziniana e che avrebbero poi costituito l’“humus” culturale e la base concreta per la costituzione dei Fasci Operai favoriti da Garibaldi, e la cui evoluzione avrebbe favorito la nascita dei Partiti progressisti nella seconda metà dell’Ottocento, come il Repubblicano, il Radicale ed infine il Socialista. Ma cosa centra allora la romagnolità di Andrea Costa? Centra con il “modo” con cui egli seguì, con baldanza ma anche con abnegazione, con sacrificio, il suo ideale di trasformare una società che egli considerava iniqua, come egli l’aveva conosciuta adolescente e poi giovinetto, in una più giusta ed umana. Ed affrontò il problema come solo un romagnolo poteva fare. Non inutili attese, non compromessi, ma la scelta “della vita”, la missione laica. Sempre avanti, senza indugio.
    Fu proprio il modo con cui egli, durante tutta la sua vita, combatté quelle che egli considerava palesi iniquità, sia morali che sociali, che rivela gli aspetti del suo carattere romagnolo.
    Sia quando fece la scelta di divenire Internazionalista, quasi ventenne, sia quando decise qualche anno dopo di seguire altre strade preannunciate dalla Lettera agli amici di Romagna, che apparentemente contraddicevano le precedenti scelte, ma che egli seguiva proprio perché le considerava le uniche che all’epoca l’avrebbero portato all’unico fine che gli importava: l’elevazione non solo dei più poveri e dei più bisognosi, ma dell’uomo e dell’“umana famiglia”. In tutto il suo divenire di uomo politico egli mai tradì i suoi ideali, tutti basati sulla fraterna amicizia, sia intesa in senso individuale che in senso sociale, legame indissolubile che è per un romagnolo, la base del suo vivere civile. Anche quando fu definito “voltagabbana” dai suoi ex amici anarchici dopo la svolta del 1879, egli rimase sempre in rapporti fraterni con Amilcare Cipriani, il rivoluzionario romagnolo che aveva partecipato da protagonista alla Comune di Parigi, ma anche con altri conterranei che pur non condividendone le scelte conservarono stima ed amicizia per lui.
    Di tutto ciò e di molto altro su uno dei politici più amati della Romagna dell’Ottocento ci parla il recente libro di Furio Bacchini. Come viene evidenziato efficacemente nel titolo, la figura di Andrea Costa è affrontata specialmente alla luce della sua lunga appartenenza sia alla Libera Muratoria (fu iniziato alla Loggia Rienzi di Roma il 25 settembre 1883 e rimase massone tutta la vita), sia al movimento del Libero Pensiero di cui presiedette anche un congresso internazionale svoltosi a Roma nel 1885.
    Bacchini, sostiene, infatti, che il pensiero politico sociale del deputato romagnolo fu fortemente influenzato da queste scelte, che erano peraltro radicate in molti altri socialisti, anarchici e rivoluzionari a lui contemporanei. Ma non solo; ci rivela anche con cospicua documentazione che la fondazione della Prima Internazionale a Londra nel 1864, fu dovuta non solo a Marx, ma anche a Mazzini, e ad alcuni radical-socialisti francesi, famosi politici come Louis Blanc, ma anche semplici operai ed artigiani, fuorusciti dalla Francia di Napoleone III, che avevano fondato la Loggia Madre dei Filadelfi di Londra, molti anni prima, all’inizio degli anni ’50, e che furono determinanti nella costituzione della prima Associazione Operaia Internazionale. A testimonianza di come le idee progressiste, nate dal trinomio massonico Libertà, Uguaglianza, Fraternità, prima della Rivoluzione Francese, nelle Logge illuministe e cosmopolite dell’Europa del ‘700, avevano trovato un’evoluzione concreta sia nella cospirazione per la formazione degli stati nazionali, sia anche nella formazione del protosocialismo della prima metà dell’ottocento. E di ciò l’autore fornisce alcune prove concrete; una per tutte la pubblicazione nella rivista La Ragione di Ausonio Franchi di un programma della Loggia di Verviers, dove i connotati protosocialisti sono chiaramente esposti.
    Attraverso una rilettura della biografia di Costa vista anche alla luce di avvenimenti poco noti, o volutamente sottaciuti da coloro che hanno indagato fino ad ora le vicende dell’uomo politico romagnolo, ne emerge un contributo alla rilettura di Costa meritevole di attenta valutazione. L’interesse è poi sottolineato dal maggior storico della Massoneria Italiana Aldo A. Mola (la sua Storia della Massoneria in Italia, uscita per la prima volta negli anni ’70, ha già raggiunto la nona edizione) autore della Prefazione, che conferisce al libro di Bacchini un accreditamento “scientifico” importante. L’originalità dell’opera è anche nella prosa dello scrittore, che raramente si incontra nei libri che parlano di storia, o di personaggi storici, stimolandone una lettura facilitata che potrebbe per gli argomenti riuscire più ostica. L’autore ci conduce per mano fin da principio in una puntuale analisi socio-culturale del decennio postunitario, l’epoca cioè che precedette l’ingresso in politica di Andrea Costa, che avvenne nel 1871. Non solo politica, ma anche scienza, arte, architettura e teatro, economia e finanza, sono oggetto d’indagine, per una comprensione maggiore di tutti gli aspetti, nessuno escluso, che caratterizzarono la vita degli italiani dopo l’Unità. Segue la biografia del famoso romagnolo (non vi è paese o città nella nostra terra in cui non vi sia un Via, una Piazza un busto o una lapide che lo ricordino) che sviluppa una serie di tematiche che l’autore ritiene importanti per una maggiore comprensione del pensiero politico e sociale di Costa, sottolineandone in particolar modo gli aspetti legati alla sua appartenenza alla Libera Muratoria ed al Libero Pensiero, mettendone anche in risalto alcune peculiarità sul piano personale, come la sua grande passione per il teatro. Ne viene tracciato un ritratto psicologico volto alla conoscenza non solo del politico, ma dell’“uomo” con le sue passioni, i suoi sentimenti, le idealità e gli aspetti morali che le precedevano. Il volume nella seconda parte affronta poi una serie di approfondimenti su alcuni argomenti considerati importanti per la lettura dell’evoluzione del pensiero politico-sociale di Costa, argomenti che rappresentano di fatto altrettanti piccoli saggi sulla conoscenza più puntuale del Materialismo Psicobiologico, sulla Prima Internazionale, sulla Comune di Parigi, sull’Anarchia, sul Libero Pensiero, sulla Massoneria, ma soprattutto sul socialismo costiano. In questo capitolo dedicato al socialismo viene delineato un percorso socialista federalista e comunalista, umanitario e basato sul libero pensiero - distante dal marxismo che diverrà imperante in Italia fin dalla fine del dell’Ottocento – e che avrà le sue basi per Costa, ma anche per i “compagni” belgi e francesi, soprattutto nell’appartenenza alla Massoneria. Valgano per tutti gli esempi di Cesar De Paepe, e di Benoit Malon, rispettivamente leaders del socialismo belga e di un’importante parte del socialismo francese. Entrambi amici di Costa, entrambi massoni, internazionalisti, federalisti e liberi pensatori, ma anche legati da un’amicizia sincera e profonda durata fino alla loro scomparsa, avvenuta agli inizi degli anni ’90. Proprio quando era iniziata la lotta politica che porterà Turati e Anna Kuliscioff (che ricordiamo compagna di vita di Costa per alcuni anni e madre della figlia di, lui Andreina) a divenire dal 1892, dopo cioè il Congresso fondativo di quel Partito che si chiamerà dopo qualche anno Partito Socialista Italiano, i leaders di questa formazione. Bacchini sottolinea a questo proposito la mancata adesione immediata di Costa a Genova traendone alcune spiegazioni che sono strumentali ad una conoscenza più puntuale della sconfitta politica dell’imolese che da quel momento non fu più il leader socialista più ascoltato della nuova formazione, anche se ne rimase certamente il più popolare e famoso.
    Corredato da una lunga serie di citazioni (ben 396 sono le note) e da fotografie in parte inedite di documenti che Bacchini è riuscito a trovare dopo una lunga ricerca (esemplare è la pubblicazione dei verbali della Loggia Rienzi di Roma sia per l’approvazione del suo “ingresso” che per la sua “iniziazione” alla Massoneria il 25 settembre del 1883, del tutto inediti, ritrovati nell’archivio del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani), il libro riesce ad addentrarsi in tutte le principali problematiche dell’epoca, dandone un contributo indispensabile per una maggiore comprensione del pensiero di Costa, senza preclusioni aprioristiche e preconcetti ideologici. Pur essendo evidenziata una palese simpatia sul piano umano e personale nei confronti del politico romagnolo, l’autore riesce ad essere distaccato e disincantato quel tanto che è necessario per non essere agiografico, come sottolinea giustamente Mola nella Prefazione.
    Il libro è arricchito poi dal testo integrale di alcuni scritti di Costa rimasti famosi come la Lettera agli amici di Romagna e l’Ode al secolo Novo, scritta per essere murata nel Palazzo Comunale il 31 dicembre 1900, ma che trovò collocazione solo nel 1945 dopo la Liberazione. Ma anche del meno conosciuto Un sogno che Costa scrisse poco dopo la “svolta” del 1879, che descrive un’Imola “sognata” divenuta anarchica, quasi un programma politico, un’utopia che il suo indomito carattere romagnolo, cercherà poi di concretizzare veramente nella sua città con la conquista del Comune nel 1889. Il luogo cioè dove egli aveva deciso di compiere quel percorso di riforme che portassero almeno nella città dove era nato una maggiore umanità e giustizia sociale. Ma mai rinunciando a quello che ogni uomo, ma a maggior ragione un romagnolo, considera il bene più prezioso: la libertà. Il suo socialismo era questo, anarchico nel fine, libertario e laico nel mezzo, con un solo obiettivo, la liberazione dell’uomo da tutti i condizionamenti che lo potevano privare della giustizia sociale e di una morale. Un socialismo umanitario certamente legato al suo tempo, ma anche grazie all’originale contributo che egli ne aveva saputo dare, una via possibile che all’epoca precedeva le “certezze” dogmatiche del marxismo. Bacchini dopo aver costatato quanto Costa sia rimasto per molti decenni nella memoria della gente comune, senza distinzione di classe, si pone una domanda, e si da una risposta corredata, anche in questo caso, da alcune citazioni di coloro che lo conobbero bene come Alfredo Oriani, che pur avendo finalità politiche diverse, lo stimava e apprezzava.
    Ed emergono ancora una volta la lealtà, l’onestà intellettuale, la coerenza e la combattività di Costa, mai disgiunte peraltro dalla tolleranza verso l’altrui posizione politica, anche se conservatrice. Merito probabile quest’ultima della sua lunga appartenenza alla Libera Muratoria del Rito Scozzese Antico ed Accettato, cui appartenne anche Olindo Guerrini, famoso poeta dialettale romagnolo noto con il nome di Lorenzo Stecchetti, a confermare ancora una volta come alcuni pregi del carattere romagnolo riuscivano a coniugarsi con alcuni ideali progressisti, anche se non classisti, che la Massoneria dell’epoca voleva concretizzare in un grande progetto: nella formazione di uno Stato più laico e più giusto, privo delle influenze confessionali, che potessero condizionare la formazione e l’educazione del cittadino. Progetto cui Costa partecipò, attestandosi come uno dei protagonisti. Un affresco ottocentesco, quello rappresentato, che dovrebbe aiutare il lettore a meglio comprendere i nostri tempi.
    Il libro è di piacevole lettura anche per coloro che non sono “abituati” ai temi dell’opera, grazie ad un lessico accessibile e non solo per gli addetti ai lavori. Un’opera, dunque, di cui ogni biblioteca di rispetto dovrebbe essere provvista.

    Ugo Cortesi

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    tratto da il Pensiero Mazziniano

  3. #13
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    Predefinito IL MESSAGGERO Online 24 ottobre 2002

    «Ma la figura di Angelini esce
    intatta per il suo alto valore»


    La figura di Angelini esce intatta dalla notizia della sua appartenenza alla Loggia del Grande Oriente d'Italia.
    Sono in molti a ritenere che il fatto che uno dei sindaci storici di Ancona sia stato un massone, non intacchi minimamente il suo ricordo. Tra loro Filippo Giulioli, ex assessore repubblicano nella giunta Monina e storico repubblicano. «In effetti sono rimasto sorpreso - dice Giulioli - ma solamente perché non ne avevo mai avuto notizia fino a ieri. In ogni caso l'appartenenza di Francesco Angelini alla massoneria va inserita in un preciso periodo storico, quando cioè essere massoni significava nient'altro che essere difensori delle libertà risorgimentali ed in opposizione al potere temporale della Chiesa».

  4. #14
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  5. #15
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    “Hiram”, n. 1/2002 e n. 2/2002

    Segnaliamo questi due numeri della rivista del Grande Oriente d’Italia specialmente per gli interventi sui temi della bioetica, della scienza, del rapporto tra scienza e morale, della libertà scientifica, dell’eutanasia.
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    tratto da il
    Pensiero Mazziniano

  6. #16
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    Mi permetto di segnalare anche:

    "LA MASSONERIA - L'ANTICO MISTERO DELLE ORIGINI", di Luigi Sessa, 1997, Bastogi Editore

    nel quale l'Autore passa in rassegna le più diffuse teorie sull'argomento sottoponendole ad un rigoroso vaglio critico. Inoltre viene approfondito lo studio sulla genesi delle Istituzioni Liberomuratorie e delineato l'ambito iniziatico specifico liberomuratorio.
    -----------------------------------------------------
    per altri titoli interessanti della stessa Casa Editrice--->
    http://www.trigono.com/novita-librer.../bastogi_5.htm

  7. #17
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    MASSONERIA, RELIGIOSITA’ e RELIGIONI
    Su alcuni Forum di Politica OnLine.net sono apparsi, in tempi diversi, interventi riguardanti l’argomento in oggetto e tendenti a mettere in luce come ci sia stato, da sempre, un accanimento della Massoneria contro la Chiesa cattolica.
    Mi sono documentato su questo ..... ed ho trovato un intervento , che riporto, a puntate, e che ritengo esaustivo sull’argomento.

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    ……di Eugenio Bonvicini (Grande Oriente d’Italia – Rito Scozzese Antico ed Accettato) tratto da “L’Uomo e la Religiosità”, Democrazia in azione, Collana del pensiero mazziniano, SANTERNO Edizioni, Convegno a cura di Widmer Lanzoni e Piergiovanni Permoli……Rimini, Aprile 1988.

    (prima parte)

    La Massoneria, come tale, non ha dogmi, ne’ prospetta “Rivelazioni” di “Misteri” ne’ indica “Verita”. Percio’ lascia pienamente liberi i propri adepti di abbracciare o meno qualsiasi credo religioso o di seguire qualsiasi assioma filosofico e qualsiasi ideale socio-politico. Essa e’ essenzialmente una scuola di vita e di pensiero a carattere iniziatico.Per questo motivo un massone puo’ intervenire sul tema del convegno esprimendo opinioni personali che non possono in alcun modo venire intese come espresse dalla istituzione massonica del Grande Oriente d’Italia, ne’ da quella del Rito Scozzese Antico ed Accettato alle quali appartengo. Entro questo limite e solo a titolo personale affronto il tema: l’uomo e la religiosita’ visto nell’ottica di un massone, che ovviamente tiene conto dei principi basici della Massoneria Universale. Ritengo che questo convegno si debba distinguere concettualmente tra Religiosita’ e Religione e cerchero’ quindi di evitare i diversi modi come, massonicamente, si possono concepire i due termini. Debbo ancora premettere che ritengo si possa dire che la Massoneria offra la tematica costante di perseguire in parallelo due indirizzi:
    L’uno rivolto alla ricerca del vero (o verita’) e del trascendente, che susciti un sentimento di “Amore per la Divinita”. Ed e’ per questo che il massone non puo’ essere ateo.
    L’altro indirizzo e’ rivolto alla ricerca del giusto ed aspira al raggiungimento della giustizia individuale e sociale che susciti un sentimento di “amore verso il prossimo e verso l’Umanita’”. Ed e’ per questo che il massone e’ contrario ad ogni forma di tirannide e di oscurantismo, comunque si manifestino e comunque opprimano la personalita’ umana.
    Nell’ambito dei suddetti due indirizzi va quindi posto l’atteggiamento massonico nei confronti della Religiosita’ in genere, intesa come manifestazione psico-mentale dell’uomo, e nei confronti delle Religioni Positive che sono un modo di oggettivare la Religiosita’. L’atteggiamento della Massoneria verso le Religioni e’ di rispetto e di indipendenza e cio’ va al di la’ da un lato dalla scomunica del 1738 di Papa Clemente XII, ora abolita dal nuovo Diritto Canonico, e dall’altro lato dalle posizioni anti-clericali assunte nei secoli da molti massoni. A tale riguardo e’ chiarificatore un documento datato 21.06.1985 della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, fatto proprio dal Grande Oriente d’Italia, nel quale si legge: “La Massoneria non e’ una Religione, ne’ un sostituto della Religione. Essa chiede ai suoi membri di credere in un Essere Supremo, ma di esso non fornisce alcun sistema di fede”…”Non esiste nessun Dio massonico: ma il massone mantiene gli impegni che ha assunto nei confronti del Dio della Religione che professa”…”E’ estraneo alla Massoneria ogni tentativo di riunire insieme Religioni diverse; non esiste, percio’, nessun Dio massonico composito”…Alla Massoneria mancano i seguenti elementi fondamentali della Religione: a) Essa non ha dogmi e teologie; b) Essa non offre sacramenti; c) Essa non ricerca la salvezza attraverso le opere, conoscenze segrete, od altri mezzi”…”La Massoneria non e’ indifferente verso la Religione. Senza interferire con la pratica religiosa, essa lascia che i suoi membri seguano la propria fede”.
    Ritengo quindi che la Massoneria non possa abbracciare un sistema di fede, cioe’ una Religione, pur riconoscendo la piena rilevanza e legittimita’ di ogni forma di estrinsecazione della Religiosita’ dei propri adepti. Analogamente pero’ ritengo che non si possa pretendere che una Chiesa si trasformi in un esoterismo a-dogmatizzato e disgiunto da una organizzazione sacerdotale e se un massone liberamente vi accede ne rispetta le regole e la pratica religiosa, divenendo esclusivamente un problema di coscienza l’appartenere tanto alla Massoneria quanto ad una Religione, fra loro indipendenti. Cio’ non toglie, come auspico, che si possano superare le vecchie barriere ed i punti di conflitto, che da un lato hanno portato il mondo cattolico ed altri mondi religiosi a demonizzare la Massoneria ed a inibire ai propri fedeli l’appartenenza ad essa e dall’altro lato hanno portato il mondo massonico talvolta ad assumere accesi ed esasperati atteggiamenti anticlericali. Questi ultimi furono in gran parte una reazione dei massoni alle scomuniche ed alle persecuzioni, ma anche una opposizione, giustificata dal punto di vista massonico,alle pretese clericali di gestire fanaticamente ed integralisticamente la Religiosita’ degli uomini imponendo l’osservanza di un credo, e di regolare ogni aspetto della vita sociale ed ogni espressione della personalita’ e sovente esercitando un potere temporale in uno Stato.

    (continua nella seconda parte)

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    MASSONERIA, RELIGIOSITA’ e RELIGIONI
    Su alcuni Forum di Politica OnLine.net sono apparsi, in tempi diversi, interventi riguardanti l’argomento in oggetto e tendenti a mettere in luce come ci sia stato, da sempre, un accanimento della Massoneria contro la Chiesa cattolica.
    Mi sono documentato su questo ..... ed ho trovato un intervento , che riporto, a puntate, e che ritengo esaustivo sull’argomento.

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    ……di Eugenio Bonvicini (Grande Oriente d’Italia – Rito Scozzese Antico ed Accettato) tratto da “L’Uomo e la Religiosità”, Democrazia in azione, Collana del pensiero mazziniano, SANTERNO Edizioni, Convegno a cura di Widmer Lanzoni e Piergiovanni Permoli……Rimini, Aprile 1988.

    (seconda parte)

    Penso che in Italia oggi, come e’ gia’ avvenuto in altri Paesi, si possa trovare fra Massoneria e Religioni non solo un punto di reciproco rispetto, ma anche il reciproco riconoscimento che fra loro possa sussistere una certa comunanza nella ricerca di una dimensione etica dell’uomo, nella quale ha largo spazio un sentimento di religiosita’ insito nell’uomo. Entrambe possono mirare alla elevazione mentale e spirituale dell’uomo e dell’Umanita’, ma si deve riconoscere che diverse fra Massoneria e Religioni sono le angolature per indicar la strada di tale elevazione.Per la Massoneria, come cerchero’ di evidenziare, la strada e’ una particolare via iniziatica che essa offre ai propri adepti e che e’, ritengo, pienamente compatibile con le problematiche dell’uomo e della sua religiosita’, che cerchero’ di affrontare nell’ottica di un massone, ma non sempre e’ compatibile con quelle di una Religione. Prima pero’ debbo ancora soffermarmi a svolgere una rapida analisi sui gia’ detti due indirizzi di ricerca per un massone. Il primo indirizzo: ricerca del vero e del trascendente persegue l’ascesi spirituale, facendo leva principalmente sul mentale, cioe’ sulla ragione, mediante un ascetismo meditativo, scevro da ogni sudditanza dogmatica e fideistica, rivolto alla conoscenza del proprio io, mediante la gnosi: cioe’ conoscenza, riconoscimento, cognizione, individuale ed interiorizzata, che e’ mentale e nel contempo coscienziale, cioe’ intellezione. Quindi si tratta di un indirizzo introspettivo e come tale personale, incomunicabile perche’ riposto nel segreto del proprio io, che si connette pero’ sia all’idea della Immortalita’ dello Spirito che e’ in noi (anche se offuscato e soffocato dal materiale), sia alla idea della “resurrezione, o liberazione”,dell’Entita’ Spirituale individuale. Tale metamorfosi non e’ pero’ intesa quando il corpo materiale e’ cadavere, nel senso di resurrezione dei morti e dei corpi, ma quando e’ ancora vivente di vita corporea e ricerca, in un concetto di morte mistica od iniziatica la rinascita, cioe’ la propria resurrezione spirituale (o nello spirituale) da uomo vivente, in un concetto quindi di resurrezione dai morti, intendendosi lo stato di offuscamento spirituale paragonabile alla morte. E’ il concetto di catarsi iniziatica, che puo’ essere visto comune ad altre scuole esoteriche, ma che a mio avviso assume caratterizzazioni proprie nella iniziazione massonica. L’iniziazione massonica, anche simbolicamente, e’ intesa sia come morte mistica, od iniziatica o simbolica, sia come resurrezione, o rigenerazione, o rinascita, o reintegrazione, pero’ dell’uomo vivente nella sua quotidianita’ e normalita’ esistenziale. Percio’ l’iniziazione e’ continua, come fatto intimistico, rivolto alla rigenerazione nello e dello Spirituale che e’ in noi, inteso come scintilla di una Superiore Spiritualita’ Divina (o Spiritualita’ Universale). L’uomo vivente e’ pero’ continuamente soggetto ai pericoli della regressione, che si possono definire “controiniziazione”, cioe’ al ritorno ad una morte spirituale e conseguentemente e’ soggetto ad una possibile nuova rinascita o rigenerazione, per cui, a mio avviso, si puo’ dire che il massone autogestisca la via iniziatica per tutto il corso della sua vita.

    (continua nella terza parte)

  9. #19
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  10. #20
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