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  1. #11
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    su questo argomento vedi anche......:
    http://www.politicaonline.net/forum/...033#post198033
    ---------------------------
    Verso il bipolarismo in attesa della Repubblica Presidenziale

    RIFORME ISTITUZIONALI
    SULL’ESEMPIO DI PACCIARDI

    di Andrea Sirotti Gaudenzi

    (pubblicato sul fascicolo nazionale del Resto del Carlino del 13 febbraio 1999)

    Nel commentare la pronuncia con cui la Corte Costituzionale ha ammesso il quesito referendario sull’abolizione della quota proporzionale, Mario Segni ha espresso la necessità di proseguire la battaglia per le riforme, indicando il presidenzialismo come prossimo obiettivo. Molti di noi hanno ripensato a Randolfo Pacciardi, il padre del Presidenzialismo italiano, che nel 1964 diede vita al movimento Nuova Repubblica per denunciare i mali di un sistema dominato dalla partitocrazia.

    Pochi giorni fa abbiamo festeggiato il centocinquantesimo anniversario della Repubblica Romana, la prima istituzione democratica che il Popolo italiano, guidato da Giuseppe Mazzini, seppe darsi; lo studio della costituzione di quella Repubblica ispirò Pacciardi nella sua idea riformatrice. Incompreso e messo al bando ieri, oggi viene apprezzato per la sua visione profetica della politica italiana.

    Eppure, bisogna ricordare l’ostracismo subìto da questo grande protagonista della storia dell’Italia repubblicana anche all’interno del "suo PRI", che fu costretto a lasciare. Quando, poi, sul finire dello scorso decennio, Pacciardi e molti militanti di Nuova Repubblica rientrarono nel PRI, i vertici del partito diedero a quell’episodio un’interpretazione riduttiva. Non si trattava della rappacificazione tra le due anime del partito: quella tradizionale e mazziniana (rappresentata dallo stesso Pacciardi) e quella "azionista" (costituita dagli uomini che provenivano dal Partito d’Azione).

    E’ curioso che lo stesso Pacciardi, al congresso del PRI di Rimini del 1989, avesse ricordato come tutti gli esponenti del Partito d’Azione (che erano divenuti di fatto i padroni dell’Edera) fossero entrati nel Partito d’ispirazione mazziniana grazie alla propria intercessione. Lo stesso Ugo La Malfa doveva la propria appartenenza al PRI a Pacciardi. Eppure gli "azionisti" trattarono il rientro di Randolfo Pacciardi come un imbarazzante caso personale. Così l’episodio venne ricordato da Giorgio Vitangeli su "Lettera Repubblicana", l’organo dei presidenzialisti mazziniani nei primi anni ‘90: "fu una sorta di perdono concesso ad un povero vecchio, che aveva scritto pagine gloriose della storia del partito e cui non si poteva negare la consolazione di morire con una tessera repubblicana sul cuore e l’edera sulla bara".

    Il Partito non volle riconoscere alcun merito ai pacciardiani, che furono isolati, dimenticati, in alcuni casi addirittura criminalizzati. Il PRI perdette, così, la sua anima mazziniana, quello spirito di fratellanza che consentiva di fare politica "a viso aperto, alla garibaldina, in francescana povertà". Gli scritti di Pacciardi furono messi all’indice e il programma del presidenzialismo, pubblicato sul settimanale "Folla" del 28 febbraio 1964, fu completamente dimenticato. Il cammino verso le riforme intrapreso oggi può essere considerato un piccolo (e tardivo) risarcimento storico alla monumentale figura di Randolfo Pacciardi, anche se molti sedicenti repubblicani si sono dimenticati di celebrarne il centenario della nascita (avvenuta il primo gennaio 1899), e si ostinano a rifiutarne gli insegnamenti.
    ------------------------------------------------------------------------------------
    tratto dal sito web
    http://web.tiscali.it/sirottigaudenz...t/memoria.html
    La pagina della memoria mazziniana

  2. #12
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    Comune di Camponogara “ Festa del Tricolore “

    Il comune di Camponogara ( Ve ) ha organizzato la sua prima “ Festa del Tricolore “


    Il sindaco , Desiderio Fogarin , ha dichiarato che l’evento è stato apprezzato moltissimo non solo in ambiente scolastico ma anche dalla generalità della cittadinanza - Alla festa saranno presenti autorità e sindaci di comuni del Veneto che intendono promuovere iniziative analoghe –
    La festa inizierà con l’alzabandiera eseguito dai ragazzi del “ Consiglio comunale Junior “ ( una istituzione del Comune , a cui seguirà l’inno di Mameli -

    Si comincerà con il Tricolore e successivamente si innalzerà la bandiera Europea e quella del Comune - La cerimonia si ripeterà ogni prima domenica del mese a partire da Settembre -

  3. #13
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    Predefinito tratto da L'ALTO ADIGE 31 maggio 2003


    IL COMMENTO

    LA RES PUBBLICA DA RISCOPRIRE

    di Paolo Valente

    A giudicare dalla data, il 2 giugno, qualcuno potrebbe scambiarla per una commemorazione. Il ricordo di quel secondo giorno di giugno del 1946 quando gli italiani scelsero, con una maggioranza non larghissima, in occasione di un referendum istituzionale, di SEGUE A PAGINA 54 dare il benservito alla monarchia e di inaugurare lo stato repubblicano.
    Fosse solo il ricordo di quell'evento sarebbe, tutto sommato, ben poca cosa. Si tratta piuttosto di un appello che non ha necessariamente a che fare con la forma istituzionale di uno stato. E' il ribadire che le istituzioni sono "cosa pubblica" (res publica) e non "cosa privata". E' evidente l'attualità di questa semplice (e quasi banale) idea, in un momento in cui più d'uno ha la tendenza a piegare ai propri interessi privati gli organi costituzionali, i poteri dello stato e la politica tout court. Quindi più che della Repubblica come tale, la festa del 2 giugno è da intendersi come festa della Costituzione repubblicana.
    E' curioso notare che in precedenza proprio nei primi giorni di giugno si celebrava la festa dello Statuto, ovvero della prima Costituzione del regno d'Italia, concessa da re Carlo Alberto nel 1848 ai sudditi dell'allora regno di Piemonte e poi progressivamente svuotata nei contenuti dalla dittatura fascista. In questo c'è una certa continuità.
    E' la Costituzione che sancisce diritti e doveri dei cittadini. Elenca i principi fondamentali e gli obiettivi dello stato e poi determina gli strumenti perché essi possano trovare attuazione. E' proprio sulla congruità dei mezzi atti a dare concretezza ai principi che rischia di arenarsi in questi giorni il progetto di Costituzione europea. Essa, stando alle bozze, elenca una serie di principi e di obiettivi comuni agli stati membri, ma poi - questa è la critica ad esempio di Romano Prodi - non sa (o non vuole) darsi procedure adeguate ad una loro effettiva attuazione. Sarebbero gli stessi stati europei, gelosi della propria autonomia decisionale, ad opporsi alle norme che potrebbero dare all'Europa velocità ed efficacia nelle decisioni, ovvero autorevolezza nei confronti dei suoi partner a livello planetario. Anche in questo caso è da chiedersi se l'Unione debba essere considerata "cosa pubblica" oppure "cosa privata", utile solo in base agli interessi "privati" dei singoli stati (ed in particolare di quelli più forti).
    Non basta affermare che l'Europa (secondo la bozza della nuova Costituzione) "contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti dei minori, nonché alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale..." Bisogna che poi tali obiettivi siano (sempre secondo la bozza) "perseguiti con i mezzi appropriati".
    Se c'è qualcosa che oggi il mondo si attende dall'Europa e dagli stati che la compongono è proprio questo: un segnale nel senso dell'andare oltre agli interessi individuali o di gruppo, pur nel rispetto della dignità di ogni singolo cittadino (non solo europeo, ovviamente).
    Potrebbero essere questi i contenuti della festa del due giugno: una festa della "cosa pubblica", la festa del bene comune al di sopra del bene privato (non che il privato sia un male, ma si colloca su di un altro piano).

  4. #14
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    Predefinito tratto da LA NAZIONE 31 maggio 2003


    Il «Significato della Repubblica»

    GROSSETO — Domani alle 10,30 nella sala del consiglio comunale, in occasione della festa del 2 giugno, il professore Maurizio Viroli, docente di storia alla Princeton University e presidente dell'associazione mazziniana italiana terrà una lezione sul «Significato storico ed ideale della Repubblica».

  5. #15
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    Predefinito La grande frode

    RICOSTRUZIONE DELLA GRANDE FRODE


    Questa ricostruzione, il più possibile sintetica, appare necessaria per spiegare un meccanismo che, come ha recentemente dichiarato una persona certamente informata dei fatti, anche se costretta alla reticenza per comprensibili ragioni personali (Massimo Caprara, già segretario di Palmiro Togliatti), è stato “molto complicato”. Accade infatti che è difficile, in un discorso o in un dibattito pubblici, raccontare l’accaduto in modo così chiaro e continuato da lasciare nell’ascoltatore un ricordo preciso.
    Va premesso che le rilevazioni dei risultati referendari del 2 giugno 1946 avvenivano attraverso due canali: uno ufficioso e informale, destinato solamente ad informare il Paese, ed uno ufficiale, che doveva condurre al risultato vero e proprio.
    Il primo era imperniato sulle Prefetture provinciali, che ricevevano le notizie dalle sezioni della provincia e le trasmettevano al Ministero dell’Interno (Romita). Quest’ultimo le raggruppava per regioni (17 regioni in tutto), e, in teoria, avrebbe dovuto diramare dei prospetti, coi risultati, a mano a mano che questi arrivavano, in anticipo rispetto alla formalizzazione.
    Il secondo si basava sui verbali delle 35.000 sezioni elettorali, i quali affluivano agli “uffici centrali circoscrizionali” (31 in totale) costituiti dal Ministero della Giustizia (Togliatti) nelle sedi di circoscrizione al fine di calcolare la ripartizione circoscrizionale dei seggi dell’Assemblea Costituente. Tali uffici, per il referendum istituzionale, avevano il compito, stabilito dalla legge, di sommare i voti validi per la repubblica e per la monarchia risultanti dai verbali delle sezioni della circoscrizione, di redigere un verbale col risultato circoscrizionale (in soli voti validi, esclusi i voti nulli, che comprendevano schede nulle, schede bianche, e voti contestati non attribuiti), e di inviare alla Corte di Cassazione tutto il materiale della circoscrizione (schede, verbali sezionali, verbali circoscrizionali), compreso dunque il verbale col risultato del referendum, come detto sopra. La Corte di Cassazione, quanto al referendum, aveva l’unica possibilità di sommare questi trentuno verbali, che facevano prova fino a querela di falso, ma che “non” contenevano il dato dei voti nulli, e neppure consentivano, di conseguenza, di trarre un quadro completo dei risultati, sia sezionali che circoscrizionali.
    Ora, le cose andarono nel modo seguente.
    Il Ministero dell’Interno stese un prospetto di risultati (indicato col numero 1) con riferimento alle 8 del mattino del 4 giugno, non pubblicato e trasmesso in via riservata al Presidente del Consiglio Degasperi (che però lo inviò in copia al Ministro della Real Casa Lucifero, con lettera in pari data). Esso si riferiva a 3.922 sezioni, ed attribuiva alla repubblica 1.508.851 voti, contro 847.851 alla monarchia. Delle sezioni scrutinate, solo 370 appartenevano all’Italia Meridionale o alle Isole. Erano pertanto dati poco indicativi, in quanto riferiti, per il novanta per cento, ad aree che si sapevano repubblicane.
    In seguito, non vi furono più prospetti intermedi fino alle 17 del 5 giugno. Solo, alle 20 del 4 giugno, fu diramato un breve e generico comunicato, nel quale era detto che vi era una lieve maggioranza repubblicana, ma che mancavano ancora molti risultati, specie dell’Italia Meridionale.
    Alle 17 del 5 giugno, Romita lesse i risultati relativi a tutte le sezioni meno 1.200 circa, attribuendo alla repubblica 12.182.855 voti, ed alla monarchia 10.362.710.
    Alla mezzanotte dello stesso 5 giugno, l’agenzia ANSA diramò l’ultimo aggiornamento del canale ufficioso, comprendente altre 930 sezioni, nelle quali figurarono ben 881.887 voti validi (quasi mille per sezione, mentre la media delle sezioni del “prospetto numero 1” era di 600 voti validi, e la media generale dei risultati di Romita di 661), portando la maggioranza repubblicana da circa 1.820.000 a oltre 2 milioni di voti (12.718.019 contro 10.709.423, media generale voti validi per sezione 668).
    Sull’iter dei risultati del canale giudiziario (ufficiale), ovviamente, non si sa nulla. Si conosce soltanto il risultato della somma, fatta dalla Cassazione nella seduta del 10 giugno 1946, dei trentuno verbali circoscrizionali (che non sono raffrontabili con le cifre dei prospetti del Ministero degli Interni, divisi per regioni, non sempre coincidenti con i confini delle circoscrizioni, in qualche caso interregionali). Essa è relativa a tutte le sezioni meno 118, e attribuisce alla repubblica 12.672.767 suffragi contro 10.688.905.
    Ma nell’ordinanza 10 giugno 1946 della Cassazione emerge una notazione del tutto nuova: si stabilisce che in una successiva ordinanza, da emettersi il 18 giugno successivo, verrà indicato “il totale degli elettori votanti”.
    A questo punto, giova ricordare che il suddetto totale poteva indicarsi soltanto aggiungendo, ai voti validi per le due forme istituzionali, il totale esatto dei voti nulli, e che la decisione della Corte Suprema si riferiva alla segnalazione formale, da parte del partito liberale e del partito democratico italiano, del fatto che la legge istitutiva del referendum prevedeva espressamente come la proclamazione della vittoria di una delle due forme istituzionali fosse subordinata al conseguimento, appunto, della “maggioranza degli elettori votanti”, cioè di un “quorum”. In altre parole, la Cassazione, annunciando che avrebbe comunicato quel dato, ne riconosceva la giuridica rilevanza, e, di fatto, accoglieva la segnalazione.
    Questo provocò la rottura istituzionale.
    Il Governo si riunì immediatamente, nella serata dello stesso giorno 10. L’ordinanza del Supremo Collegio creava un grave problema. Infatti, i voti nulli non erano stati rilevati nei verbali circoscrizionali (e neppure, sia detto per inciso, nelle cifre trasmesse dalle Prefetture), e per rilevarli occorreva ricorrere ai 35.000 verbali sezionali. Non solo. Era chiaro che, una volta rimessi in discussione i verbali sezionali, gli stessi erano soggetti ad una “quadratura” fra voti validi, voti nulli ed elettori votanti, quadratura che doveva poi trovare riscontro in sede circoscrizionale, e rappresentava quel controllo, delle sommatorie già fatte e formalmente verbalizzate dai funzionari ministeriali, che la legge inizialmente non aveva previsto.
    La discussione fu drammatica. Il segretario del Consiglio dei Ministri, Giustino Arpesani, verbalizzò che il Ministro della Giustizia, Togliatti, si oppose risolutamente alla rilevazione ordinata dalla Cassazione, con la motivazione che essa era impossibile, in quanto il materiale elettorale, schede comprese, non era disponibile, e “forse” era stato già “distrutto” (si badi, ad una settimana dalla chiusura della votazione).
    Fatto sta che il Consiglio dei Ministri, accogliendo la tesi di Togliatti, decise di andare avanti per la propria strada, ignorando l’ordinanza della Cassazione, e pertanto dichiarò che la repubblica era ormai un fatto compiuto. Inoltre, per ottenere un appoggio della piazza, dispose che il giorno successivo, 11 giugno, sarebbe stato di festa e di celebrazione della vittoria, mobilitando i repubblicani di tutta Italia ad esprimere la loro esultanza.
    Fu tale provocazione a causare nel Sud, dove i repubblicani, benchè sparuta minoranza, non ebbero ritegno a fare sfoggio di toni trionfalistici, gravi e sanguinosi incidenti, con molti morti di parte monarchica.
    Il Re, che avrebbe potuto reagire, nei giorni 11 e 12, alla grave ed irreparabile presa di posizione del Governo, dalla quale traspariva in modo evidente il timore che il controllo facesse emergere, nelle sommatorie circoscrizionali, la presenza di clamorosi ritocchi - affidati, con una certa tranquillità, all’assenza di un controllo previsto per legge -, preferì non farlo, in perfetta buona fede, per evitare di esasperare il confronto già tesissimo, e così si espose al “gesto rivoluzionario” della notte fra il 12 e il 13, quando il Consiglio dei Ministri proclamò ufficialmente il trapasso dei poteri, e, in pratica, lo mise fuori legge, costringendolo alla partenza in alternativa alla guerra civile..
    Che i ritocchi vi fossero, è assolutamente fuori dubbio, così come è fuori dubbio la loro estrema vulnerabilità, motivo determinante del rischioso colpo di mano governativo, che, ove il Re fosse stato più spregiudicato e meno cavalleresco, avrebbe potuto finire con l’arresto di tutti i ministri (non per nulla Togliatti, principale responsabile, nelle notti decisive si rifugiò nell’ambasciata sovietica). In pratica, sarebbe stato sufficiente che il Ministro della Real Casa mostrasse alla Commissione Alleata il prospetto a sue mani (dal quale si poteva dedurre, con una semplice proporzione aritmetica, una “proiezione” sul probabile totale di voti validi, intorno ai 21 milioni), e lo raffrontasse con la cifra governativa di quasi 23 milioni e mezzo, per ipotizzare fondatamente una “gonfiatura” di circa due milioni e mezzo nella votazione repubblicana.
    La traccia della “gonfiatura” è visibile anche nei dati dell’ISTAT, ricostruiti ed adattati a posteriori nei volumetti pubblicati, dal 1948 in poi, a cura di tale Istituto strettamente governativo.
    Invero, i due milioni e mezzo di voti repubblicani in più hanno portato il totale dei voti validi da circa 21 milioni a 23.437 mila, e quello degli elettori votanti da circa 22 milioni e mezzo a 24.947 mila. E quest’ultima cifra risulta scandalosamente elevata in rapporto con il numero di elettori che erano effettivamente in possesso del certificato elettorale, ossia 26.483 mila (cifra ufficiale, ricavata defalcando dagli iscritti teorici il milione e mezzo di certificati elettorali rimasti giacenti presso gli uffici perché non ritirati da alcuno): si tratta di una effettiva percentuale nazionale del 94,2%, che però nelle regioni del Centro-Nord sale ancora, arrivando a sfiorare il 100%, e in molti casi a superarlo.
    Per inciso, può aggiungersi che la “gonfiatura” dovette forzatamente estendersi alla votazione contemporanea per l’Assemblea Costituente, in quanto il totale degli elettori votanti doveva necessariamente coincidere. I partiti di sinistra usufruirono certamente di un “bonus”, che poi non si ritrovarono più il 18 aprile 1948 (un raffronto tra le due consultazioni è molto convincente)
    Va anche osservato che la tecnica dell’operazione-ritocco è stata particolarmente abile. Essa, così ripartita su venti o trenta piccoli aggiustamenti locali, non dava nell’occhio a prima vista, anche perché, data la struttura del risultato (in generale, abbastanza sbilanciato a favore o dell’una o dell’altra parte), non si trattò di capovolgere maggioranze, ma solo di modificare lievemente le percentuali. Per scoprire l’imbroglio occorreva proprio il ricalcolo materiale, che non era contemplato dal sistema legislativo.
    E’ solo alla luce di questa ricostruzione che si può leggere e comprendere la versione dei fatti data da Giuseppe Romita nel suo libro “Dalla Monarchia alla Repubblica”, e più precisamente nel capitolo “E una notte la Monarchia fu in vantaggio”. La notte è quella dal 4 al 5 giugno, quando l’arrivo di un’ondata di risultati dal Sud diede luogo a quel sorpasso che era stato largamente previsto da tutti nella serata precedente, e che era ormai irrecuperabile. Ma nel capitolo si tenta, invano, di retrodatarla di 24 ore.
    Partito il Re, il Governo ebbe gioco facile a convincere la maggioranza della Cassazione che bisognava avallare quanto accaduto. Infatti, nella riunione del 18, contro il parere del P.G. Pilotti e col voto contrario del Primo Presidente Pagano, fu deciso, a mezzo di una lunga ordinanza, che il totale degli elettori votanti non aveva rilievo giuridico, perché la legge, scrivendo “elettori votanti”, aveva inteso dire “voti validi”. Pertanto, venne in tal modo data una giustificazione legale al mancato ricalcolo disposto con l’ordinanza del 10 giugno. Di più, venne indicata una cifra di voti nulli, senza tuttavia indicarne la fonte, comunque non proveniente da validi accertamenti.
    Ecco la faccenda “molto complicata” di Massimo Caprara.


    .FRANCO MALNATI

  6. #16
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    Con la dietrologia che nasce dal dubbio e dalla malafede ... non e' che si vada molto avanti.
    In proposito ti voglio raccontare di un vecchietto arzillo ed amico che, quando Neil Armstrong, Michael Collins e Edwin Aldrin andarono sulla luna, vedendo la foto (ormai storica) dell'impronta di uno di loro sul territorio lunare ... mi guardo' e disse ... io quel posto li' lo conosco ... ci sono gia' stato .... e' la spiaggia di Fregene ... e quando ci ha preceduti nelle grandi praterie celesti era ancora convinto che gli "americani" ci avevano preso per il fondello !


  7. #17
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    Mi sembra ci siano alcune piccole differenze. Comunque la tesi di Bill Kaysing mi intriga...

    #Non siamo mai andati sulla Luna..



    Le missioni lunari sono considerate la prova dell'assoluta superiorità dell'industria americana, almeno per gli anni'60, nei confronti del resto del mondo: "L'orgoglio di essere uomini regalato dagli USA a tutta l'umanità", come disse l'illustre giornalista americano Walter Cronkite. Ma per una buona fetta dell'opinione pubblica, quelle appena citate, sono solo belle parole. C'è infatti chi afferma con assoluta certezza che questo l'evento in questione sia in realtà una vera "storia", una montatura insomma. Avete letto bene.

    Tra quelli che sostengono la tesi dell'imbroglio da 30 miliardi di dollari, c'è anche Bill Kaysing (William Charles Kaysing), ex ingegnere della Rocketdyne Research (l'azienda che progettò e produsse per la NASA i motori dell'Apollo 11) ed autore di un best-seller, eloquente ed inquietante già nel titolo, che sconvolse l'opinione pubblica americana: "Non Siamo Mai Andati sulla Luna." L'opera, diffusa negli anni '70 ma pubblicata ufficialmente negli Stati Uniti solo nel 1987, è adesso arrivata anche in Italia, edita da Cult Media Net edizioni.
    L'autore, oggi settantasettenne, sostiene che gli americani nel '69 non disponevano ancora della tecnologia sufficiente per garantire la completa riuscita della missione sulla Luna e non partirono mai per la sua conquista, per lo meno non quell'estate 1969 (dopo la tragedia del 1967, dove perirono tre astronauti, e la scoperta dei famosi 200 difetti del modulo di atterraggio LEM, la NASA rinviò sine die tutti i progetti spaziali). C'era però da rispettare l'impegno preso da Kennedy e tale da giustificare la spesa colossale sostenuta da milioni di contribuenti.
    Il libro di Kaysing prende spunto dall'analisi delle foto ufficiali NASA che riprenderebbero Neil Armstrong e il modulo lunare LEM sul nostro satellite naturale, evidenziando una serie di errori fotografici tecnici, alcuni dei quali svelerebbero un'abilissima montatura basata su artifici da teatro di posa.
    Due gli esempi più evidenti: la celebre foto di Armstrong che ammira la bandiera a stelle e strisce dove questa, a differenza dell'astronauta e del LEM, non proietta alcuna ombra; e l'immagine dell'esploratore spaziale, sul suolo lunare, illuminato da un fascio di luce simile ad un proiettore spot, che rompe innaturalmente l'uniformità di quella che avrebbe dovuto essere l'illuminazione del sole "all'infinito". Per non parlare dell'assenza di un cratere che il potentissimo retrorazzo impiegato dal modulo di atterraggio avrebbe dovuto lasciare sulla farinosa superficie della Luna, cosparsa invece dalle numerose orme dei moon boot.
    Il resto del libro pone una serie interminabile di domande provocatorie (le stesse che costarono all'autore il licenziamento da parte della Rocketdyne Research) che contribuiscono ad aumentare il mistero intorno ad una vicenda che Kaysing dimostra avere troppi punti oscuri. Come quelli riguardo le morti "ufficialmente" normali di 8 astronauti e di Thomas Baron, operaio alla NASA e redattore, all'epoca del supposto sbarco lunare, di un dossier (riportato in sunto nel libro) che denunciava l'inaffidabilità dei razzi delle capsule Apollo. Baron venne travolto da un treno in corsa, assieme alla moglie, ad un passaggio a livello.
    Nel 1979, la tesi di Kaysing venne utilizzata come soggetto per il film "Capricorn One" mentre, addirittura, si suppone che gli ingenti contributi economici elargiti a Stanley Kubrick per realizzare "2001 Odissea nello Spazio" dal governo statunitense, siano stati motivati dalla necessità di sperimentare con un anno di anticipo le soluzioni tecnico-cinematografiche in grado di permettere, il luglio successivo, la messinscena della beffa mondiale da 30 miliardi di dollari.
    Che alcune foto celebrative del trionfale allunaggio americano siano artefatte è comunque cosa ormai certa ed appurata: sembra infatti che in passato la stessa NASA abbia ammesso, dopo aver dapprima tentato la via dello screditare Bill Kaysing, di aver diffuso un certo numero di fotografie realizzate durante simulazioni in teatri di posa, ma senza specificare quali. Inoltre, secondo Kaysing, le estreme condizioni climatiche del satellite terrestre (sulla luna si passa dai +110° delle zone al sole, ai -120° di quelle all'ombra) crearono problemi così seri alle fotocamere degli astronauti che le loro supposte immagini lunari necessitarono, una volta rientrati a casa, di svariati interventi di post-produzione in grado di renderle "degne testimonianze dell'eccezionale evento".
    Restano i dubbi attorno ai quali si sono arrovellati i critici per decenni (Bill Kaysing non è certo il solo, basti pensare al celebre "NASA Mooned America" di Ralph Renèe), e le certezze proposte dagli scienziati legati alla macchina da guerra americana (la NASA all'epoca era un ente militare e come tale godeva di tutti i privilegi dell'assoluta segretezza) che dichiarano che sulla Luna ci siamo stati, e per più di una volta. Ma non tutti gli americani la così e infatti un sondaggio proposto dal Washington Post, nel 1994, rivelò che il 30% degli americani non credeva a quanto dichiarato dalla NASA riguardo le missioni lunari. E, su questo fronte, c'è anche una testimonianza italiana ad avvalorare le tesi del dispettoso ingegnere: nel corso della trasmissione Rai "I Misteri", condotta da Lorenza Foschini e andata in onda lo scorso inverno, un noto editore del settore fotografico non ha avuto esitazioni nel rispondere con un categorico "si" alla domanda riguardo la presunta falsità delle fotografie ufficiali NASA, fondando la sua affermazione esclusivamente su valutazioni di carattere tecnico. "Le foto - è stato ribadito - rappresentano una situazione non reale. Il problema, ora, è capire perché siano state proposte al mondo come autentiche".
    Non sarebbe né il primo né l'ultimo caso, secondo Kaysing, in cui informazioni non verificabili dal pubblico nella loro completa attendibilità vengono proposte e ritenute dal pubblico come vere. Certo, una messinscena come quella "lunare", sarebbe un evento gravissimo, una vera beffa all'umanità e, per questo molti non vogliono neanche pensare che possa essere realmente avvenuta: un mito che cade fa sempre male.
    Non è questione di scienza, dice Kaysing, ma di fede: se volete, andate a controllare…



    autore: Roberto Palozzi (Cult Media Net)









    .

  8. #18
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    ... rimaniamo in ansiosa attesa di una documentazione pseudo-scientifica sulla non dimostrabilita' del teorema di Pitagora ... da parte di uno dei tanti "intellettuali" al "contro" che ci rallegrano lo spirito con le loro uscite ilari e divertenti.

    In terra "apuana" conoscono i mille segreti del "marmo" .. puro agglomerato di carbonato di calcio dai molteplici usi .. tra cui l'impiego come eccellente materia prima per l'esecuzione di sculture.
    Per la sua lavorabilita' si e' scoperto che, anche se all'apparenza risulta di aspetto uniforme, il marmo ha un suo "verso" ... un suo "orientamento" ... e che se e' preso per il suo "verso" ... si dimostra mansueto e pronto a lasciarsi plasmare ... se e' preso ortogonalmente al suo verso/orientamento ... si spezza con estrema facilita'.
    In questo caso si dice che e' stato preso al "contro" ... cioe' all''incontrario del "verso".

  9. #19
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    Predefinito tratto da LA NAZIONE 4 giugno 2002

    Giornata dedicata a Barsanti

    GIOVIANO — Successo a Gioviano della festa della Repubblica. In mattinata si era cominciato con la traslazione nel paese natale dei resti del Caporale Pietro Barsanti, fucilato a Milano dopo una sommossa mazziniana il 27 agosto 1870. È' stata poi celebrata una messa nella chiesa di S. Maria Assunta di Gioviano dal parroco don Maccari. Nel pomeriggio nella «Sala Russell» oltre alla celebrazione ufficiale della festa della Repubblica si è tenuta la rievocazione storica di Barsanti con la presentazione di un libro edito dal comune di Borgo a Mozzano con la Domus Mazziniana. Successivamente nella piazza A. Mei è stata scoperta una lapide commemorativa e tutta la cerimonia è stata resa ancor più suggestiva dalla musica della Fanfara provinciale dei Bersaglieri di Lucca. I festeggiamenti sono terminati con il concerto del corpo musicale G.Verdi di Corsagna.

  10. #20

 

 
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