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    Predefinito No ad una nuova guerra contro l'Iraq!!

    Invito chi ritiene la eventuale prossima ventura guerra contro l'Iraq una proditoria aggressione da parte degli U$a a firmare col nick, indipendentemente dal partito o movimento di appartenenza.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  2. #2
    Il_Vandalo
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    Io firmo subito! Il_Vandalo

  3. #3
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    Lettera aperta al Segretario generale dell’ONU,

    M. Kofi Annan



    IRAQ: OLTRE IL GENOCIDIO



    1.500.000 morti tra i quali 500.000 bambini dopo 10 anni di embargo,

    10 anni di bombardamenti e di contaminazione radioattiva provocata dalle armi all’uranio impoverito utilizzate dalle forze anglo-americane.



    di Padre Jean-Marie Benjamin





    Signor Segretario generale,



    Iraq: un popolo da 10 anni chiuso in un immenso campo di concentramento.



    Sembra, ed è preoccupante, che non bastano le calamità naturali (terremoti, alluvioni, cicloni) che colpiscono un po’ dappertutto nel mondo! No, non bastano; occorre aggiungere un altro dramma, volontario, premeditato ed organizzato contro un paese distrutto da 135.000 tonnellate di bombe (dalla guerra del Golfo ad oggi), equivalente a sei volte la potenza distruttiva della bomba di Hiroshima, per di più rinchiuso in un vasto campo di concentramento, che è l’embargo. Epidemie che si sviluppano in tutto il paese, ospedali che versano in situazioni catastrofiche e quando arriva un medicinale, il dramma dei medici è quello di dover decidere a chi somministrarlo, di fronte a centinaia di casi uno più urgente dell’altro (ho personalmente verificato durante i miei vari viaggi in Iraq, che in alcuni ospedali, si è costretti ad operare bambini di appendicite e di altre malattie, senza anestesia!).



    Dalle cifre dell’UNICEF, il tasso di mortalità infantile “è il più elevato al mondo ”: oltre 500.000 i bambini morti, oltre 1.500.000 i civili. Da 56 bambini, al di sotto dei cinque anni, morti su 1000, nel 1991, a 131 su 1000 attualmente. Dal programma mondiale per l’alimentazione, la disponibilità alimentare è scesa da 3120 a 1093 calorie al giorno per abitante. Le malattie mentali sono aumentate in 10 anni del 18% (ultimo rapporto dell’UNICEF del 29 agosto 1999 “Iraq: mortalità infantile e sopravvivenza”).





    L’Olocausto del 2000.


    Nonostante la risoluzione ONU n. 986 (Oil for Food - petrolio contro alimenti), che copre solo il 40% del fabbisogno della popolazione, in Iraq manca di tutto: acqua potabile, latte, verdure, carne, medicine, materie prime, macchinari e pezzi di ricambio. Le categorie professionali più agiate (tecnici, insegnanti, specialisti) sono pagate da 5 a 10 dollari al mese (circa 18.000 lire); le classi medie della popolazione da 3 a 5 dollari al mese (l’equivalente del prezzo di due chili di carne) e le categorie inferiori, che non hanno praticamente nessun reddito, devono sopravvivere alla giornata. In dieci anni, il dinaro iracheno ha perso più del 20.000%. Le razioni medie giornaliere sono composte da tè e pane al mattino, riso a mezzogiorno e pochi grammi di ceci la sera. Le centrali elettriche e gli impianti di depurazione, soprattutto nel sud del Paese, sono stati distrutti dai bombardamenti, privando la popolazione di acqua potabile ed elettricità (alcune città fino a 10 ore al giorno senza elettricità), in zone dove la temperatura in estate supera i 50 gradi all’ombra, con città senza risorse in pieno deserto. I trasporti sono praticamente inesistenti e solo il 30% delle derrate alimentari che ancora si riesce a produrre nel nord del Paese giunge nel resto dell’Iraq.



    “In molte famiglie dell'Iraq”, afferma il Patriarca Cattolico di Babilonia, Raphaël I. Bidawid, “i genitori sono costretti a chiedere ai figli chi di loro voglia mangiare la mattina e chi la sera, perché non c’è cibo a sufficienza per alimentarli due volte al giorno”.



    Sono state distrutte dai bombardamenti 8.613 scuole (su un totale di 10.334). Nel sistema scolastico, la situazione dell’istruzione e della cultura è catastrofica e rispecchia in pieno l’attuale condizione del Paese. Solo un terzo dei bambini in età scolare riceve un’istruzione adeguata. Molti ragazzi non vanno più a scuola perché costretti a mendicare, altri, per sopravivere, si lasciano trascinare nel vortice della delinquenza o della prostituzione. Le famiglie sono smembrate. Nelle città, lungo la strada, si vedono bambini e ragazzi vendere sigarette, altri che lucidano le scarpe, altri ancora passano tra le macchine per vendere pistacchi o giornali. Nel paese che ha dato al mondo la prima civiltà - fonte della nostra - e che ha visto nascere Abramo, padre delle tre religioni monoteiste, dover privare i propri figli dell’istruzione e della cultura è cosa peggiore che privarli di pane e di medicine.





    Il massacro degli Innocenti: 600.000 bambini condannati a morte.



    Signor Segretario generale,, all’ONU, si preparano alle celebrazioni per i dieci anni della Convenzione dei Diritti del Bambino. Gli Stati Uniti d’America non hanno mai ratificato la Convenzione dei Diritti del Bambino, lo sappiamo, ma l’Italia sì, l’Europa sì, e se non vado errato, i paesi Occidentali hanno tutti ratificato la Convenzione dei Diritti dell’Uomo. Il comportamento dell’Europa, silenziosa, apatica e ipocrita di fronte al dramma della popolazione irachena è sconcertante. Non si tratta solo di un popolo che muore di fame e di malattie da 10 anni, colpito da bombardamenti unilaterali che continuano a distruggere ed a seminare la morte, ma di un paese che da 10 anni deve affrontare la contaminazione radioattiva, con le sue terribili conseguenze: nascita di centinaia di bambini con malformazioni, migliaia di persone colpite da collasso del sistema immunitario, con forte aumento delle infezioni; altre malattie che sviluppano herpes e herpes zoster o sintomi simili a quelli dell’AIDS, disfunzioni renali ed epatiche, aumento spaventoso (fino a 450% l’anno nel sud del paese) di leucemia, anemia aplastica o neoplasie maligne.



    Ecco il bilancio di 10 anni di campo di concentramento del popolo iracheno. Il tragico olocausto del popolo ebreo è durato cinque anni, quello del popolo iracheno, purtroppo dura da dieci anni; nel silenzio della Comunità internazionale, dei Governi, dell’ONU e delle Istanze internazionali. L’Occidente ha seminato nelle nuove generazioni di questo popolo soltanto la cultura della morte, dell’odio, dell’arroganza e dell’indifferenza. E’ diventato insopportabile sentire i discorsi dei Leader europei con continui riferimenti ai valori della Democrazia, che insistono sui Diritti umani e con voce turbata lanciano commoventi appelli per aiuti umanitari ai paesi bisognosi, proclamano il loro attaccamento ai valori cristiani ed applaudono ai discorsi del Santo Padre, ma che non muovono un dito, acconsentono ed aderiscono, senza far nulla, alla condanna a morte di 5.000 bambini innocenti al mese.



    L’ONU proclama un embargo e manda i suoi funzionari a contare i morti.



    Sono un ex funzionario dell’ONU; ho lavorato per anni alla sede dell’UNICEF di Ginevra. I miei ex colleghi, a Baghdad, sono disperati. Non capiscono (e non solo loro) come l’ONU possa varare un embargo che porta alla morte centinai di migliaia di persone e nello stesso tempo inviare aiuti umanitari e i suoi funzionari dell’UNICEF, dell’UNESCO e dell’OMS, impotenti davanti ad una tale tragedia e ridotti a contare i morti!

    In questi ultimi anni, i funzionari delle Nazione Uniti di stanza a Baghdad presentano regolarmente le loro dimissioni, uno dopo l’altro. Un numero sempre crescente denuncia lo “spettacolo” che hanno sotto gli occhi e che per loro ha raggiunto un livello intollerabile, diventando un grave problema di “coscienza”. Dopo Scott Ritter e Dennis Halliday, che con le loro dimissioni hanno definito l’embargo “un vero e proprio genocidio sanzionato dall’ONU”, sono recenti le dimissioni di Hans von Sponeck, capo del programma umanitario ONU in Iraq. Non si può dimenticare “l’affare dell’UNSCOM”!, con i suoi funzionari al servizio della CIA e la triste faccenda del Signor Richard Butler che fu all’origine dei bombardamenti anglo-americani del dicembre 1998 sull’Iraq.



    Dennis halliday, che sta preparando un importante rapporto sulle conseguenze dei bombardamenti unilaterali anglo-americani nelle due “no fly zones”, ha recentemente dichiarato che “la tragedia del popolo iracheno ha raggiunto un tale punto che non è più possibile tacere.(…) E’ impossibile associarsi a una tale realtà, per quanto mi riguarda, non ne sono capace”. Questi funzionari dell’ONU, Signor Segretario generale, hanno lavorato per anni sul terreno in Iraq, ma hanno preferito sacrificare la propria carriera piuttosto che diventare complici di questo tremendo genocidio.



    Da parte mia, lo scorso luglio, ho presentato un rapporto ai Parlamentari italiani sulle conseguenze della contaminazione radioattiva sulla popolazione e l’ambiente in Iraq. La III Commissione Affari Esteri della Camera, in data 16 novembre 1999, ha ratificato una Risoluzione, in seguito presentata al Governo, che sollecita la costituzione di una Commissione scientifica d’inchiesta sulle conseguenze dell’utilizzo delle armi all’uranio impoverito in Iraq e sui Balcani. Finora la suddetta Commissione, a cinque mesi della ratifica, non è stata ancora costituita.





    Un milione di proiettili all’uranio impoverito lanciati sull’Iraq.



    Come certamente saprà, Signor Segretario generale, documenti del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America e del Ministero della Difesa Britannico confermano che durante la guerra del Golfo fino ad oggi sono state riversate sull’intero paese oltre 135.000 tonnellate di bombe, tra cui più di 940.000 proiettili all’uranio impoverito: circa 700 tonnellate di uranio 238. E’ ormai noto che le armi all’uranio impoverito, sperimentate per la prima volta dalle forze multinazionali nel 1991 in Iraq, durante l’operazione “Tempesta nel deserto”, hanno rivelato tutta la loro efficacia, ma hanno provocato un preoccupante inquinamento radioattivo dell’aria e dell’ambiente, contaminando la popolazione, particolarmente nel sud dell’Iraq, e migliaia di militari della forza multinazionale.



    Un video del U.S. Army, distribuito dallo Stato Maggiore dell’esercito per il “training” dei militari (copia del quale ho distribuito ai membri della Commissione Affari Esteri del Parlamento) informa che l’esplosione provoca l’incendio dell’uranio impoverito, che libera così nell’ambiente circostante, con i suoi fumi, milioni di particelle radioattive da 5 a 7 micron. Se respirate, le particelle si fissano nei polmoni provocando, a medio e lungo termine, gravi patologie quali cancro, leucemie e deficienze immunitarie. Questa è una delle prime cause della contaminazione radioattiva che ha colpito i militari delle forze armate della coalizione che operavano in Kuwait e nel sud dell’Iraq, durante la guerra del Golfo. Paradossalmente, i militari impegnati nella guerra del Golfo non avevano ricevuto nessuna istruzione, nessuna direttiva per la loro protezione. Si avvicinarono e salirono sui carri armati iracheni, contaminandosi con i raggi Alfa, Gamma e Beta, dell’uranio 238. Oggi, a distanza di dieci anni, oltre 200.000 veterani americani ed inglesi contaminati accusano una serie di gravi patologie.

    I risultati delle ricerche effettuate dal DoD (Dipartimento di Stato alla Difesa degli Stati Uniti d’America) confermano che decine di milioni di grammi di uranio impoverito si sono sprigionate dopo l’impatto dei proiettili. “L’ossidazione in superficie dei frammenti dei penetranti all’uranio impoverito”, precisa un rapporto dell’U.S. House of Representatives “è un processo significativo poiché le forme ossidate di uranio sono più solubili a contatto con l’acqua e, quindi potenzialmente più disponibili per l’assunzione umana ed animale. A contatto con l’acqua, il metallo Uranio si corrode e diventa solubile, diventando potenzialmente trasportabile attraverso i corsi d’acqua di superficie e sotterranei.(...) I penetranti di corazzatura all’uranio impoverito sono costituiti da una lega di uranio e dallo 0,75% di titanio. L’impiego intensivo di tali penetranti nel corso di esperimenti ed operazioni hanno dimostrato che i residui sono soggetti a ossidazione atmosferica e/o alla corrosione dell’acqua (ruggine). L’uno o l’altro di questi processi può portare ad una contaminazione dell’ambiente che ha tutto il potenziale di provocare danni irreversibili alla salute umana, soprattutto attraverso i corsi d’acqua”.



    Per quanto riguarda la popolazione irachena, rimasta a contatto con milioni di pezzi radioattivi (e colpiti da continui bombardamenti), con un embargo che impedisce qualsiasi decontaminazione e assistenza ai malati contaminati, non è difficile immaginare il quadro della situazione.





    Iniziative unilaterali in Europa per rompere l’embargo.



    Purtroppo Signor Segretario generale, potrei continuare per pagine. A questo punto, vista l’urgenza di passare ad azioni concrete, non serve più scrivere libri, organizzare manifestazioni, fare conferenze, redigere documentari o presentare interpellanze in Parlamento, che tra l’altro restano (quasi) senza riscontro: bisogna passare ad iniziative più forti, più “spettacolari”, più sconvolgenti. A seguito del volo Amman-Baghdad, che ho effettuato con il parlamentare Vittorio Sgarbi, l’industriale Nicola Grauso et il pilota Nicola Trifoni, saranno prossimamente organizzati altri voli che partendo dalle diverse capitali europee, trasporteranno parlamentari, senatori, premi Nobel, artisti, rappresentanti di associazioni umanitarie e di organizzazioni non governative, giornalisti della carta stampata e delle reti televisive, personalità del mondo della politica, delle scienze, della cultura e delle religioni, e che atterreranno direttamente a Baghdad. Certamente, non basterà. In diversi paesi europei, compresa la Svizzera, si stano organizzando raccolte di firme che chiederanno ai governi europei una rottura unilaterale dell’embargo. Altre iniziative sono allo studio, sperando però di non dovervi ricorrere.



    Per conto suo, Ramsey Clark, ex Ministro della Giustizia dell’Amministrazione Reagan ed avvocato di diritto internazionale, ha raccolto l’adesione di 35 città degli Stati Uniti e centinaio di firme di personalità del mondo della Politica, delle Scienze, della Religione, della Cultura e dell’Arte in tutta l’Europa, per avviare una procedura presso gli organismi internazionali capace di portare l’Amministrazione Americana davanti ad un Tribunale internazionale per crimini contro l’umanità (utilizzo di armi di distruzione di massa) e genocidio del popolo iracheno.



    RingraziandoLa dell’attenzione, La prego di gradire, Signor Segretario generale, i miei più distinti saluti.







    Jean-Marie Benjamin

    Assisi, 13 settembre 2000
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  4. #4
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    Il genocidio iracheno:
    gli interessi economici uccidono un popolo

    Lecco, giovedì 13-7-2000

    Ieri sera, nella sala conferenze di un hotel di Lecco, ho avuto la fortuna di assistere ad un incontro che vedeva protagonista il signor Stefano Salvi, collaboratore della trasmissione televisiva Striscia la Notizia, che recentemente tornato dal viaggi in Iraq, ha raccontato ciò di cui era stato testimone con i propri occhi e che, tra l’altro, aveva già reso noto al grande pubblico attraverso la trasmissione di cui è collaboratore, ottenendo risultati enormi. Già da un po’ seguivo con molto interesse l’evolversi dell’embargo in Iraq ma, causa soprattutto l’ostracismo dei media italiani prime fra tutte le testate giornalistiche, televisive e radiofoniche, non ero mai riuscito a raccogliere più di qualche ritaglio e trafiletto da cui comunque ci si poteva già rendere conto della gravità della situazione. Il racconto del relatore, oltre ha fornirmi una quantità di dati e di spunti sufficienti, ha provocato talmente tanto ritegno in tutti i presenti da convincermi a scrivere qualcosa per cercare di fare il punto su una vicenda che, oltre ad avere connotazioni umanitarie apocalittiche, assume connotazioni geopolitiche talmente importanti e sconvolgenti da costituire un caso emblematico su come la gestione del potere economico mondiale possa arrivare a sacrificare sull’altare dell’interesse la vita di milioni di persone.

    La situazione prima dello scoppio della guerra
    Prima dello sconsiderato attacco iracheno al Kuwait, l’Iraq era stato un importante alleato degli Stati Uniti e, da questi, era anche stato appoggiato durante la guerra contro l’Iran. Le famose armi chimiche che tanto ora impensieriscono USA e GB, durante il conflitto iracheno-iraniano, vennero fornite all’esercito di Saddam proprio dal governo americano. Nel momento in cui però quest’alleanza cominciò a diventare meno importante per gli Stati Uniti ed appena i delicati equilibri nell’area (a causa anche della morte di Komeini in Iran) mutarono, la politica statunitense cambiò in sfavore del regime iracheno che si vide privato di un appoggio fondamentale per la propria esistenza.

    La prima e clamorosa avvisaglia di quanto stesse accadendo si ebbe quando nell’89 il famoso eccidio di 5.000 curdi venne addossato immediatamente all’esercito iracheno. Proprio ieri sera il Signor Salvi ha svelato l’esistenza di documenti certi stilati da un’agenzia sorella della CIA nei quali è provato con certezza che il massacro venne compiuto con armi iraniane e quindi, evidentemente, non da truppe irachene. Si può subito ben capire quanto questa ed altre operazioni simili vennero effettuate allo scopo di preparare il terreno per gli eventi futuri incanalando l’opinione pubblica in un’ottica anti irachena. A far deteriorare ulteriormente i rapporti con gli USA contribuì anche la decisione di Saddam Hussein di statalizzare le più importanti attività del paese, prime tra tutte quelle estrattive o comunque legate all’industria petrolifera. Questo comportò ovviamente l’impossibilità delle grandi aziende petrolifere di sfruttare l’immenso patrimonio energetico iracheno e di perdere il controllo, economico prima e politico poi, su un’area nevralgica per gli equilibri dell’intero Medio Oriente.
    L’invasione del Kuwait
    Nel 1990 avvenne però la sciagurata, soprattutto per le conseguenze che avrà sul popolo iracheno, invasione del Kuwait. In un rapido susseguirsi di avvenimenti l’esercito invasore iracheno venne affrontato e presto sconfitto dalla “coalizione internazionale” che Stati Uniti ed Inghilterra avevano, con fulminea rapidità, coagulato e gestito. Anche se le forze irachene erano inizialmente riuscite facilmente e senza ostacolo a penetrare in profondità in territorio kuwaitiano, la pronta reazione internazionale, sostenuta anche dall’appoggio incondizionato dell’opinione pubblica mondiale, cambiò immediatamente le sorti del conflitto e, grazie anche all’enorme dispiego di forze alleate, la guerra vide presto la sua conclusione.

    Inaspettatamente però, nonostante tutti se lo attendessero, il dittatore iracheno restò alla guida del paese anche dopo la disfatta militare, economica e morale. Più avanti sarebbe apparso chiaro il perché di questa concessione statunitense a Saddam che, se solo si fosse voluto, sarebbe potuto essere tranquillamente deposto se non addirittura catturato con un rapido blitz. La permanenza del dittatore alla guida dell’Iraq si rivelò poi condizione indispensabile per poter permettere ad USA ed Inghilterra di giustificare l’applicazione dell’embargo davanti all’opinione pubblica mondiale.
    Finisce la guerra comincia l’embargo
    La disfatta militare irachena fu totale e ben presto il Kuwait fu liberato e i grandi potentati economici poterono riprendere nuovamente a svolgere i propri interessi nell’area. L’esercito iracheno era uscito notevolmente ridimensionato dalla sonora sconfitta ed anche l’apparato economico risentì in grande misura degli esiti del conflitto. Non dimentichiamo, inoltre, che i bombardamenti effettuati dagli alleati sugli impianti petroliferi e sulle raffinerie provocarono anche una catastrofe ambientale senza precedenti. L’unica cosa che paradossalmente superò senza troppi problemi gli esiti della guerra fu la dirigenza del regime iracheno e la sua guida, il dittatore Saddam Hussein. Con la fine del conflitto ed il dittatore iracheno ancora in sella, si pose il problema alla comunità internazionale di creare le condizioni affinché la stabilità geopolitica dell’area fosse garantita e, ovviamente, gli interessi occidentali nella regione fossero tutelati da eventuali colpi di coda di Bagdad. Contemporaneamente restavano dolorosamente aperte le questioni della situazione delle popolazioni curde nel nord dell’Iraq e di quelle sciite al sud. Le prime, già durante la guerra e comunque da tempo, costituivano un elemento di preoccupazione per il regime, in quanto la loro lotta armata contro il regime iracheno costituiva un grande problema interno ancora irrisolto allo scoppio della guerra. Le seconde, tra l’altro numericamente maggioritarie nel paese, ripresero con vigore le loro proteste contro il governo di Saddam rappresentante della componente sunnita del paese. Con la pretesa di difendere i curdi al nord (che tra l’altro nella vicina Turchia, alleata USA, vengono tranquillamente sterminati) e gli sciiti al sud vennero quindi create delle “zone di non volo” (le famose “no fly zone”).

    Questa decisione, vedremo più avanti, contribuirà in maniera determinante ad aggravare i già di per sé devastanti effetti dell’embargo. Risulta fondamentale, al fine di comprendere i veri termini in cui è nato e si è sviluppato l’embargo, come esso sia stato e deciso. Al momento di decidere l’attuazioni di sanzioni economiche il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, composto da Francia, Russia, Cina, Gran Bretagna ed USA, si espresse a sfavore di tale misura con tre voti contrari a fronte di due a favore (GB ed USA). Appare chiaro come l’embargo, iniziato il 6 agosto 1990, ed i continui bombardamenti ancor oggi all’ordine del giorno e mietono numerose vittime anche civili, sono stati decisi ed attuati unilateralmente da USA e GB addirittura andando sfacciatamente contro la votazione del Consiglio.
    Gli effetti dell’embargo
    La situazione dell’Iraq, dopo dieci anni di sanzioni, è catastrofica. Tutto il ciclo produttivo industriale, ed in particolar modo quello petrolifero, sono ridotti ad i minimi termini e gran parte degli impianti che sarebbero funzionanti, sono costretti rimanere inattivi in quanto le quote estrattive concesse all’Iraq sono minime. Questo, oltre a creare una povertà diffusa, ad aver innalzato a livelli insostenibili il tasso di disoccupazione ha anche avuto effetti disastrosi sul livello di alfabetizzazione drasticamente diminuito dall’ inizio dell’embargo. Stati Uniti ed Inghilterra gestiscono però l’embargo in maniera totale e ferrea impedendo l’accesso al paese di beni di primissima necessità aggravando enormemente le già gravi conseguenze dell’embargo economico. Infatti mancano attrezzature medico sanitarie basilari quali gli aghi per le siringhe o le sacche per contenere il sangue per le trasfusioni e tutto ciò che può essere considerato materiale di prima assistenza. Le strutture sanitarie sono ridotte ad accampamenti di degenti (in un singolo letto vengono spesso ospitati due o tre individui) dove la più elementare assistenza medica non può essere fornita per mancanza appunto di attrezzature. Risulta inoltre pressoché impensabile cimentarsi in operazioni chirurgiche a causa della mancanza di energia elettrica erogata per alcune ore al giorno e che, comunque, può mancare in ogni momento. Non è inusuale comunque che i medici siano costretti ad operare i pazienti, anche bambini, senza l’utilizzo di alcun anestetico.
    Gli americani vietano inoltre la fornitura di medicinali chemioterapici, quanto mai necessari per l’esplosione dei casi di leucemia e tumore causati dall’utilizzo di bombe all’uranio impoverito che ha contaminato tutto il ciclo alimentare, sostenendo che verrebbero riutilizzati per la fabbricazione di quelle armi chimiche che proprio loro hanno fornito in passato al regime di Saddam. Tanto per capire basta registrare che all’ospedale pediatrico Saddam, una volta uno dei migliori nel mondo arabo, la mortalità per le patologie tumorali infantili è prossima al 100%. I bombardamenti hanno inoltre distrutto la rete idrico-fognaria in tutto il paese. In questo modo tutti i corsi d’acqua, Tigri ed Eufrate compresi, si trovano ad essere un’unica cosa con le fogne; la popolazione irachena è quindi costretta ad utilizzare l’acqua inquinata per dissetarsi, lavarsi e per tutte le proprie esigenze quotidiane. Questo ha ovviamente effetti devastanti sulle già gravi condizioni sanitarie della popolazione. Ad aggravare, se possibile, la situazione concorre il fatto che le già scarse forniture di materiale medico, prepagate in anticipo dall’Iraq, comprendono spesso materiale di qualità scadente, avariato o scaduto. L’effetto delle misure imposte unilateralmente da USA ed Inghilterra e dell’utilizzo, durante i bombardamenti di bombe all’uranio impoverito, può essere chiarito da alcune, impressionanti, cifre:


    Dall’inizio dell’embargo mediamente muoiono 6-7.000 bambini al mese per mancanza di medicinali di prima necessità e per l’impossibilità di prestare loro anche le minime cure mediche.

    Nel solo mese di marzo vi sono state 9.328 morti, soprattutto bambini ed anziani, a causa delle ristrettezze imposte dall’embargo. I dati diffusi dal Ministero della Sanità in marzo dicono che 6.438 bambini sotto i cinque anni, sono morti per diarrea, polmonite, malattie respiratorie e malnutrizione rispetto ai 362 morti per le stesse cause nel marzo ’89. Gli anziani morti per malattie di cuore, ipertensione, diabete e cancro sono state 2.890 rispetto alle 407 del marzo ’99.

    Da cinque anni il 25% dei nascituri risulta affetto da mutazioni genetiche e la loro cura è resa impossibile dalle ristrettezze imposte dall’embargo.

    L’impossibilità di esportare petrolio, di cui l’Iraq è ricchissimo, e la distruzione, durante i bombardamenti di gran parte delle strutture industriali ha ridotto il paese in uno stato di estrema indigenza. Inoltre il blocco dei fondi iracheni depositati all’estero (5 miliardi di dollari solo negli USA) non permette di alleviare la situazione.

    In prospettiva, i futuri malati di una qualche forma di cancro, saranno circa 9.000.000 ovvero il 48% della popolazione irachena.

    Tutto il territorio iracheno colpito dai proiettili all’uranio impoverito, è ancora grandemente contaminato e, in queste zone, il numero degli affetti da cancro o tumori è aumentato in maniera impressionante. Da notare che il Kuwait, egualmente contaminato durante la guerra ma alleato statunitense, è stato completamente bonificato in un anno e mezzo

    Dall’inizio dell’embargo le vittime di fame, condizioni sanitarie drammatiche ed effetti dell’uranio impoverito sono state in tutto circa 1.700.000 (1.273.000 secondo le dichiarazioni dell’ambasciatore iracheno a Roma Al Yachoubi, 1.500.000 per altri).


    Significativo è il fatto che il coordinatore umanitario dell’ONU in Iraq Hans Von Sponeck, si è dimesso il 26 aprile per protesta contro il persistere delle sanzioni criticando i raid americani e britannici nelle zone di non volo che hanno causato, solo durante il 1999, la morte di 144 persone in maggior parte civili. Il diplomatico si è anche scagliato contro le sanzioni internazionali, affermando che hanno ottenuto solo di far soffrire la popolazione irachena. Anche il suo predecessore, l’irlandese Denis Halliday, si era dimesso nel 1998 per gli stessi motivi.

    A chi conviene l’embargo?
    Ma allora perché, nonostante la catastrofe umanitaria irachena sia enorme e non veda alcuna soluzione tranne l’abolizione dell’embargo, USA ed Inghilterra insistono caparbie, a dieci anni dalla fine del conflitto, nell’applicazione ferrea del blocco e continuano, con una media giornaliera di due al giorno, nei bombardamenti sulle “zone di non volo”?Per dare una risposta basta capire a chi conviene che l’embargo continui ovvero a quasi tutti tranne che al popolo iracheno.Gli americani e tutti i paesi produttori di petrolio, primi tra tutti quelli del Golfo Persico, temono che l’abolizione delle sanzioni ed il rientro dell’Iraq nel mercato possa sconvolgere gli equilibri commerciali creatisi con la fine della guerra. Infatti l’Iraq è uno dei maggiori detentori di riserve petrolifere al mondo ed inoltre non fa parte dell’OPEC, l’organizzazione mondiale dei paesi produttori di petrolio. Considerando che in Iraq un litro di benzina alla pompa costa l’equivalente di 20 £ (venti lire) appare subito evidente che l’eventuale rientro sul mercato degli iracheni sia visto come un grosso pericolo dagli altri produttori di greggio. Anche la presenza militare americana ed il mercato di armi svolgono un ruolo importante negli interessi statunitensi; significative le parole del vice presidente iracheno Tarek Aziz: “agli Stati Uniti questa situazione conviene; stanno facendo soldi incrementando la loro presenza militare nell’area del Golfo, impongono la loro politica nella zona, vendono le loro armi nel Golfo ottenendo tutti i maggiori contratti”. In questo senso va vista anche la volontà di permettere a Saddam Hussein di governare il paese, in quanto la presenza del dittatore offre un alibi comodo e sicuro per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica il persistere delle sanzioni.
    Sul fronte opposto abbiamo il regime iracheno che dall’inizio dell’embargo lo sfrutta come mezzo di autosostegno nei confronti dell’opinione pubblica interna a cui fa credere che la colpa del persistere dell’embargo, ma anche l’entrata in guerra e l’ostilità verso i paesi confinanti, sia unicamente dei paesi occidentali, che comunque hanno le loro grandi responsabilità, nascondendo alla popolazione le colpe del regime che, tra l’altro, utilizza quel poco denaro ricavato dal programma “Oil for Food” per inutili programmi militari come la recente sperimentazione di un missile a medio raggio. Anche Saddam, quindi, utilizza l’embargo e tutta la situazione venutasi a creare dopo la guerra per rimanere in sella al suo traballante governo.

    Cosa fanno il governo italiano ed il Vaticano

    In questo caso l’italia, che pur ha partecipato attivamente alla guerra nel Golfo, ha dimostrato maggior sensibilità dei criminali anglosassoni e ha sempre mantenuto, in ragione anche dei grandi interessi economici che ha nella regione, una posizione più moderata sulla questione delle sanzioni. Proprio recentemente, Camera e Senato, hanno votato all’unanimità un documento che impegna il governo ad adoperarsi, seguendo un’agenda ben definita e già fissata, perché cessi al più presto l’imposizione delle sanzioni. A quanto sembra anche Francia e Germania sono sulla stessa lunghezza d’onda ed è auspicabile che, magari dopo l’uscita di scena di Clinton dalla presidenza statunitense, si crei un vasto fronte politico ma anche popolare che si muova deciso per l’abolizione delle sanzioni.Il Vaticano, invece, pur avendo un Nunzio apostolico in Iraq, non sembra fino ad ora deciso ad attivarsi concretamente per alleviare le sofferenze del popolo iracheno e non ha ancora intrapreso significative iniziative in questo senso.

    Alcuni dati statistici sull’Iraq di interesse*:
    Superficie: 434.128 kmq
    Popolazione: 16.355.199 (censimento 1994), 22.219.000 (stima 1997)
    Personale militare: 382.500 (1996)
    Spese militari: 18% PIL
    Popolazione:
    crescita annuale: 3,6% (1991-96)

    incremento naturale: 24.3% (1994)
    fecondità: 4,9 (1994)
    natalità: 34,1% (1994)
    mortalità: 9,8% (1994)
    mortalità infantile: 91,9% (1994)
    speranza di vita: maschi 57 anni, femmine 60 anni (1994)
    gruppi etnici: arabi 77%, curdi 19 %, azerbaigiani 1,7%, altri 2,3%
    religione: musulmani (sciiti 62,5%, sanniti 34,5%), cristiani 2,7%.
    *I dati sono tutti tratti dal “Calendario Atlante De Agostini 1999”.

    Piccola bibliografia:

    articolo de La Padania 27 aprile 2000.
    articolo de La Padania 9 giugno 2000.
    articolo de La Padania 13 giugno 2000.
    articolo de La Padania 16 giugno 2000.
    articolo de La Padania 28 giugno 2000.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Gli Stati Uniti contro l'Iraq.

    Uno studio sull'ipocrisia

    di William Blum* (http://members.aol.com/bblum6/American_holocaust.htm, 9 febbraio1998)


    "Abbiamo sentito che mezzo milione di bambini sono morti," ha detto Lesley Stahl, giornalista di "60 Minutes", parlando delle sanzioni degli Stati Uniti contro l'Iraq. "Voglio dire, sono di più dei bambini morti a Hiroshima. E... e insomma, è un prezzo che vale la pena pagare?"

    La sua ospite, nel maggio 1996, l'ambasciatrice all'ONU, Madeleine Albright, ha risposto: "Penso che sia una scelta molto dura, ma il prezzo... pensiamo che ne valga la pena."

    Oggi, il Segretario di Stato viaggia intorno al mondo per ottenere il sostegno a ulteriori bombardamenti sull'Iraq. Evidentemente, vale ancora la pena pagarne il prezzo. Il prezzo, naturalmente, lo paga esclusivamente il popolo iracheno: circa un milione di morti, uomini, donne e bambini, e una nazione già ricca che a causa dei bombardamenti precedenti e di sette anni di sanzioni è precipitata in una situazione di povertà, malattia e malnutrizione.

    Il loro crimine? Avere un capo che si rifiuta di cedere tutta la sovranità agli Stati Uniti (che agiscono sotto l'usuale copertura dell'ONU), i quali pretendono che ogni struttura in Iraq, compresi i palazzi presidenziali, sia disponibile alle ispezioni alla ricerca di "armi di distruzione di massa". Dopo più di sei anni di ispezioni, e una significatva distruzione di scorte di materiale per armi chimiche, biologiche, nucleari e di programmi di ricerca e sviluppo di armi, la squadra dell'ONU si rifiuta ancora di certificare che l'raq è abbastanza pulito.

    Dal momento che il paese è più grande della California, è comprensibile che gli ispettori non possano essere sicuri che tutte le armi proibite siano state scoperte. E' altrettanto comprensibile che l'Iraq sostenga che gli Stati Uniti possono continuare e che continueranno a trovare delle scuse per non rilasciare all'Iraq la certificazione necessaria per far cessare le sanzioni. In effetti, il Presidente Clinton ha detto più di una volta che gli Stati Uniti non permetteranno che le sanzioni vengano tolte finchè Saddam Hussein rimarrà al potere. Si può dire che gli Stati Uniti abbiano inflitto all'Iraq una punizione e un ostracismo più vendicativi di quelli riservati alla Germania o al Giappone dopo la seconda guerra mondiale.

    Il regime di Saddam Hussein ha ragione di stupirsi dell'alto (doppio) standard stabilito da Washington. Meno di un anno fa, il Senato americano ha approvato una legge che rende effettiva la " Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, della produzione, della detenzione e dell'uso di armi chimiche e sulla la loro distruzione" (titolo abbreviato: Convenzione sulle armi chimiche), un trattato internazionale che è stato ratificato da più di 100 nazioni nei suoi cinque anni di vita.

    La legge del Senato, articolo 307, stabilisce che "il Presidente può negare una richiesta di ispezione relativa a qualsiasi struttura negli Stati Uniti nei casi in cui ritenga che l'ispezione possa costituire una minaccia per gli interessi della sicurezza nazionale degli Stati Uniti". Saddam non ha chiesto altro che questo per l'Iraq. Presumibilmente, secondo la legge del Senato, la Casa Bianca, il Pentagono, ecc. sarebbero off limits, come Saddam insiste dovrebbero essere i suoi palazzi e l'unità militare responsabile della sua sicurezza personale, che un colonnello americano ha chiesto di visitare.

    L'articolo 303 stabilisce inoltre che "Qualsiasi obiezione del Presidente a un singolo individuo con la funzione di ispettore ... non porà essere sottoposta a revisione da nessun tribunale." Di nuovo questo fa venire in mente una lamentela ripetuta dagli iracheni: recentemente una squadra di sedici ispettori ne includeva quattordici degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, i due avversari principali di Saddam, quelli che, proprio in questo momento, stanno operosamente pianificando nuovi bombardamenti arei sull'Iraq. La squadra era guidata da un capitano del Corpo dei Marines degli Stati Uniti, un veterano della Guerra del Golfo, che è stato accusato dall'Iraq di essere una spia. Ma gli iracheni non hanno un pari diritto di esclusione. Lo stesso articolo della legge del Senato stabilisce, in aggiunta, che un agente dell'FBI: "accompagni ogni visita di una squadra di ispezione".

    Le richieste del governo Iracheno di considerare off limits alcuni siti e di avere ispettori meno di parte sono state liquidate dai portavoce del governo americano e dai media americani. "Che cosa hanno da nascondere?" è stato l'atteggiamento prevalente.

    Eppure l'ipocrisia va ancora più a fondo. Nel suo recente discorso sullo Stato dell'Unione, il Presidente Clinton, trattando dell'Iraq, ha parlato di come "affrontare i nuovi pericoli delle armi chimiche e biologiche e quello degli stati fuorilegge, dei terroristi e del crimine organizzato che cercano di procurarsele." Ha rimproverato aspramente Saddam per avere "sviluppato armi nucleari, chimiche e biologiche" e ha lanciato un appello per il rafforzamento della Convenzione sulle Armi Biologiche. Chi tra i suoi ascoltatori sapeva, quali media hanno riferito che gli Stati Uniti sono stati i fornitori di gran parte dei materiali biologici di base di cui gli scienziati di Saddam Hussein avrebbero disposto per creare un programma di guerra biologica?

    Secondo un Rapporto del Senato del 19941 dal 1985, se non da prima, fino al 1989, un vero assortimento diabolico di materiali biologici è stato esportato in Iraq da fornitori privati americani dopo avere fatto domanda al Dipartimento del Commercio Statunitense e avere ottenuta l'autorizzazione. Tra questi materiali, che spesso causano morti lente e tormentose, c'erano:



    - Bacillus Antracis, che causa l'antrace.

    - Clostridium Botulinum, principio della tossina botulinum.

    - Histoplasma Capsulatam, che provoca una malattia che attacca i polmoni, il cervello, il midollo spinale e il cuore.

    - Brucella Melitensis, un batterio che può danneggiare gli organi più importanti.

    - Clostridium Perfringens, un batterio altamente tossico che provoca malattie sistemiche.

    - Clostridium tetani, altamente tossico.

    - E inoltre: Escherichia Coli (E.Coli); materiali genetici; DNA umani e batterici.



    Dozzine di altri agenti patogeni biologici sono stati spediti in Iraq durante gli anni 80. Il Rapporto del Senato faceva notare: "Questi materiali biologici non erano attenuati o indeboliti ed erano in grado di riprodursi."

    "Si è appreso in seguito," rivelava il comitato, "che questi microorganismi esportati dagli Stati Uniti erano identici a quelli che gli ispettori dell'ONU hanno trovato ed eliminato dal programma di guerra biologica iracheno."

    Queste esportazioni sono durate per lo meno sino al 28 novembre 1989, nonostante fosse stato riferito che l'Iraq stava combattendo una guerra chimica e forse anche biologica contro gli iraniani, i curdi e gli sci'iti fin dai primi anni 80.

    Durante la guerra Iraq-Iran del 1980-88, gli Stati Uniti hanno fornito aiuti militari e servizi spionistici a entrambi le parti in conflitto, con la speranza che si producessero reciprocamente dei danni molto gravi, dando ragione a quanto Noam Chomsky aveva postulato:

    E' stata una dottrina dominante, trainante della politica estera degli Stati Uniti fin dal 1940 quella di far sì che le ampie, ineguagliabili risorse energetiche della regione del Golfo fossero controllate a tutti gli effetti da Washington e dai suoi stati satelliti e, elemento ancor più decisivo, di non permettere ad alcuna forza indigena indipendente di avere un'influenza sostanziale sull'amministrazione della produzione e del prezzo del petrolio.

    Infatti, è provato che Washington ha incoraggiato l'Iraq ad attaccare l'Iran e a cominciare la guerra per primo. Questa politica, insieme a considerazioni di tipo finanziario, ha rappresentato probabilmente la motivazione decisiva delle forniture di materiali biologici all'Iraq (l'Iran, a quel tempo, era considerato il pericolo più grande per la sempre apparentemente minacciata sicurezza nazionale degli Stati Uniti.)

    Mentre il pubblico e i media americani vengono preparati ad accettare e ad applaudire il prossimo bombardamento del popolo iracheno, la ragione effettiva dichiarata, la linea politica ufficiale, è che l'Iraq è uno stato "fuorilegge" (o stato "canaglia", o stato "paria" - i media ripetono in modo obbediente tutte le orecchiabili definizioni suggerite dalla Casa Bianca o dal Dipartimento di Stato), che non ottempera a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Israele, d'altro canto, ha ignorato tante risoluzioni senza che gli Stati Uniti abbiano bombardato Tel Aviv, abbiano imposto sanzioni, o soltanto abbiano ridotto gli aiuti militari. Ma per qualche arcana alchimia ideologica, Israele non è reputato uno stato "fuorilegge" da Washington. Né tali si considerano gli Stati Uniti per non aver eseguito l'ordinanza della Corte Mondiale dell'ONU nel 1984, che imponeva di cessare le azioni militari ostili contro il Nicaragua, o per le numerose volte in cui essi hanno totalmente ignorato le risoluzioni dell'Assemblea Generale votate a stragrande maggioranza, e neppure per l'uso ripetuto, da parte loro, di agenti biologici contro Cuba fin dal 1960.

    In ogni modo il dissenso sul controllo delle armi è tra l'Iraq e le Nazioni Unite, non tra l'Iraq e gli Stati Uniti. E l'ONU non ha autorizzato nessuno dei suoi membri ad utilizzare la forza. "Cosa dà il diritto a Gran Bretagna e agli Stati Uniti di fare questo da soli?" ha chiesto un giornalista insolitamente coraggioso, alla conferenza stampa Clinton/Blair del 6 febbraio.

    Nè il Presidente Clinton nè il Primo Ministro Blair hanno risposto

    Il bombardamento sembra essere inevitabile. I ragazzi si stanno dando da fare a mettere tutti i loro giocattoli in posizione; riescono già a vedere le decorazioni di guerra appuntate al loro petto. Naturalmente nessuno sa che cosa riuscirà a realizzare se non morte e distruzione. Saddam rimarrà al potere. Sarà sempre più determinato sulla questione delle ispezioni. Forse ci può essere una consolazione per il popolo iracheno. Il Washington Post ha riferito che il Segretario alla Difesa William Cohen ha dichiarato che "i membri del governo americano non intendono danneggiare militarmente l'Iraq tanto da indebolire il suo ruolo di contrappeso all'Iran nella regione." In un futuro non troppo lontano, quando l'Iran comincerà a mostrare un po' di più i muscoli, in modi non così graditi a Washigton, forse sarà di nuovo la volta di tornare alla buona, vecchia "diplomazia" americana.



    * Autore di Killing Hope: U.S. Military and CIA Interventions Since World War II.

    1. U.S. Chemical and Biological Warfare-Related Dual Use Exports to Iraq and Their Possible Impact on the Health Consequences of the Persia Gulf War , 25 maggio 1994.


    http://www.circ-saronno.leganord.org/origgio/iraq1.htm
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    IRAQ: IN DIECI ANNI SONO MORTI 10 MILIONI DI BAMBINI
    PER MALATTIE E MALNUTRIZIONE

    Basta con l’embargo!

    A dieci anni dalla fine della Guerra del Golfo, continua l’embargo commerciale dei paesi occidentali nei confronti del popolo iracheno, "reo" di avere al potere il dittatore Saddam Hussein. In queste ultime settimane, il "rais" di Baghdad è tornato a far parlare di sé perché ha accusato il Kuwait di rubare il petrolio dai propri pozzi, aggravando ulteriormente la crisi petrolifera con la quale stiamo facendo, è proprio il caso di dirlo, i conti da parecchi mesi a questa parte.
    Ma non è soltanto una questione economica: i media del regime infatti parlano soltanto di Saddam, ignorando (o fingendo di ignorare) le condizioni disastrose del popolo iracheno che da troppi anni sta patendo stenti e miseria, senza che da nessuno Stato si levi un movimento di protesta serio per premere sulla revoca dell’embargo.
    Sull’argomento abbiamo intervistato il consigliere regionale della Lega Nord in Piemonte Oreste Rossi, che nella sua qualità di parlamentare si è più volte recato in Iraq.
    "E’ una situazione —conferma Rossi— davvero drammatica. Noi siamo contro qualunque tipo di embargo, perché quello sugli alimenti ed i beni di prima necessità va a colpire la povera gente, mentre chi resta al potere in un modo o in un altro se la cava sempre!"
    Una questione mi sembra di capire umanitaria, dal momento che parecchi fra donne e bambini ne stanno ancora patendo le conseguenze. Perché in passato sono state fatte gare di solidarietà per altri popoli, e non per quello iracheno o per quello serbo?
    "C’è sempre il problema dell’egemonia americana che vuole controllare l’economia mondiale con il petrolio. Un Iraq che gestisce autonomamente il proprio petrolio, manderebbe in crisi gli USA, le sette "sorelle" europee, i paesi arabi, l’Arabia Saudita ed il Kuwait che sono tradizionali alleati degli americani quando si tratta di bombardare l’Iraq o la Serbia, fornendo le basi. L’Iraq è un’invenzione americana perché ha armamenti talmente vecchi che non possono certo essere paragonati a quelli dei paesi occidentali. Non si può pensare che questo paese sia in grado di scatenare una pericolosa guerra! Chiediamo perciò di togliere l’embargo sui beni di prima necessità e gli alimenti, perché in questi 10 anni sono morti 10 milioni di bambini per carenza di medicinali e di cibo. L’embargo deve rimanere soltanto per gli armamenti".
    Se dovesse essere revocato l’embargo contro l’Iraq, ritiene che il Sud potrebbe avvantaggiarsene allacciando rapporti economici con questo paese?
    "Certamente. L’Italia deve creare un organismo speciale per il Sud, in modo da poter avere relazioni con i paesi del bacino del Mediterraneo e comunque vicini come l’Iraq o la Libia, altra invenzione americana che ha subito l’ingiustizia di una sanzione per il caso Lockerbie".
    Parliamo adesso dei fatti di casa nostra e del Piemonte: come procede lì da voi il processo di devolution?
    "E’ ancora un po’ indietro. Stiamo andando avanti a fatica perché l’opposizione a causa di un vecchio regolamento, sta proponendo emendamenti su emendamenti. Lo scopo è chiaro ed è quello di far andare avanti il progetto governativo che non prevede certo il vero federalismo".
    Lei che è stato per tanti anni il responsabile per la Lega Nord dei rapporti con i movimenti autonomisti del Centro — Sud cosa pensa della svolta federalista che adesso appare davvero possibile anche nella nostra terra?
    "Penso che sia indispensabile che tutte le regioni seguano l’esempio della Lombardia, dove presto ci sarà un quesito referendario sulla devoluzione di alcuni poteri dallo Stato centrale a questa Regione. Tutti i cittadini saranno chiamati ad esprimersi sui referendum che aveva lanciato la Lega Nord e che poi sono stati recepiti anche dal Polo. Al Sud, il processo sarà conseguenziale a quello che accadrà al Nord. Ovviamente con questo governo non si va da nessuna parte e mi auguro che in primavera a vincere sarà la coalizione formata dalla Lega e dal Polo".

    Luana Cardone
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    IL GENOCIDIO ALLEATO DELL'IRAQ

    Contenuto:

    Il bombardamento sull'Iraq
    La politica USA verso l"Iraq - L'ipocrisia che c'e' dietro
    Il disinteresse USA per le sofferenze dei bimbi iracheni e la sua morale "umanitaria"


    IL BOMBARDAMENTO SULL'IRAQ

    Sulla sabbia dell'Iraq del sud, i residui di uranio impoverito giacciono nel suolo, non trattati. Anche solo per scopi di test, il governo britannico sta ben attento ad evitare ogni possibile rischio al suo popolo che possa essere causato da quelle armi sospettate di causare un aumento dell'incidenza di cancro tra i bambini dell'Iraq. Tutti gli esperimenti vengono condotti in una speciale struttura di cemento armato chiamata il tunnel. I residui radioattivi sono quindi ripuliti, compressi nel cemento e trasportati a Cumbria, dove vengono accuratamente riposti. Decine di migliaia di queste armi radioattive sono state sparate sull'Iraq e sugli iracheni ed avvelenano la fertile pianura di Basrah, da cui proviene il cibo che milioni di iracheni acquistano.

    Questi effetti sono visibili poiche' molti dei bambini che oggi muoiono in Iraq di leucemia e linfomi non erano ancora nati ai tempi del bombardamento sull'Iraq. I veterani USA e britannici della Guerra del Golfo sospettano che l'uso di uranio impoverito sia anche responsabile della Sindrome della Guerra del Golfo, che ha colpito duramente migliaia di combattenti alleati in quella guerra.

    Solo l'aviazione americana ha sganciato 88.000 tonnellate di esplosivo sull'Iraq, l'equivalente di circa cinque esplosioni nucleari di Hiroshima. La perdita di vite umane e' stata devastante. Il settanta per cento delle bombe "intelligenti" e dei missili usati hanno sbagliato obiettivo, distruggendo costruzioni civili, scuole, rifugi, moschee, chiese e campi vuoti. L'altro trenta per cento ha colpito strutture sanitarie, impianti e fabbriche. Il 12 febbraio 1991, 400 persone perirono per lo scoppio di due bombe "intelligenti" finite sull'impianto di ventilazione del rifugio di Amariyah. A causa delle porte chiuse, la temperatura all'interno del rifugio raggiunse i 900 gradi F. Gli uomini avevano lasciato precedentemente il rifugio per fare posto al maggior numero possibile di donne e bambini. Ancora oggi, le autorita' americane insistono nell'asserire che il rifugio era, in realta', uno dei Centri di Comando dell'esercito iracheno. Ovviamente, nessuno e' stato mai punito per questo crimine.

    Nel 1998, gli USA e la Gran Bretagna punirono nuovamente l'Iraq per l'espulsione degli ispettori ONU con una serie di bombardamenti. Durante l'attacco del dicembre 1998, almeno una raffineria di petrolio di Basrah fu colpita deliberatamente, in violazione della legge internazionale, che considera "crimine di guerra" la distruzione di obiettivi economici.

    Gli USA e la Gran Bretagna bombardano l'Iraq unilateralmente quasi ogni giorno dal dicembre 1998. Alla fine del 1999, erano stati effettuati piu' di 6000 missioni aeree, lasciate cadere piu' di 1.800 bombe, distrutti piu' di 450 obiettivi. Il 25 gennaio 1999, un missile AGM-130 americano distrusse il quartiere di al-Jumhuriya, nei dintorni di Basrah, uccidendo sette persone e ferendone molte altre. Il portavoce del Pentagono, Ken Bacon, riconobbe la distruzione dell'area residenziale il giorno dopo, dicendo alla CNN "Gli Stati Uniti si dispiacciono per ogni vittima civile".



    La politica USA verso l'Iraq - L'ipocrisia che c'e' dietro

    Quando gli USA e le forze alleate decisero di dichiarare guerra a Saddam Hussein, lo fecero con il pretesto di salvare il Kuwait e di punire il regime iracheno colpevole di brutali crimini umanitari contro i curdi nel nord del paese. Ma il vero scopo "umanitario" di Washington venne fuori quando l'allora segretario di Stato James Baker, accusando l'Iraq di stare sul punto di causare una recessione negli USA, disse testualmente: " ... essa e' piuttosto causata da un dittatore ... che potrebbe strangolare l'ordine economico mondiale, determinando una recessione o persino il buio della depressione".

    Il ministro della Difesa William Perry non si vergogno' di ammettere che l'operazione aveva finalita' che andavano al di la' dei curdi e del Kuwait: "Il problema non e' solo l'attacco iracheno ai curdi a Ibril, ma e' il chiaro e attuale pericolo che Saddam Hussein rappresenta per i vicini dell'Iraq, per la sicurezza e la stabilita' della regione, e per il flusso di petrolio nel mondo".

    Nello spiegare il bombardamento del 1998, lo stesso presidente Clinton ammise che l'operazione non era fatta per i curdi del nord, ma piuttosto per gli alleati USA, Arabia Saudita e Kuwait, dicendo: "Abbiamo agito nel sud dell'Iraq, dove i nostri interessi sono i piu' vitali ... Io ho ordinato gli attacchi allo scopo di estendere la No-Fly Zone". La reazione dell'amministrazione Clinton alla decisione di Baghdad di espellere gli ispettori americani sul controllo degli armamenti (uno degli ispettori, Scott Ritter, in seguito ammise che gli ispettori erano in realta' spie per conto di Israele - Washington Post, 14 Gennaio 1998) fu quella di minacciare l'uso della forza per "punire" Saddam, imporre sanzioni piu' severe e cancellare il programma cibo in cambio di petrolio. (Quando Clinton si trovo' ad affrontare lo scandalo Monica Lewinsky, bombardo' l'Afghanistan ed un'industria farmaceutica in Sudan. E quando si tratto' di affrontare l'impeachment, bombardo' nuovamente l'Iraq nel 1998. Possono essere solo coincidenze?).



    Il disinteresse USA per le sofferenze dei bimbi iracheni e la sua morale "umanitaria"

    Leslie Stahl ando' in Iraq per il programma televisivo 60 Minuti. Nel programma, che ando' in onda il 12 maggio 1996, la giornalista chiese a Madeline Albright, allora ambasciatore USA alle Nazioni Unite, di spiegare la politica USA nel contesto della devastazione che aveva visto tra i bambini dell'Iraq e la morte di 500.000 bambini iracheni. La Albright rispose: "Penso che sia stata una scelta molto dura, ma il prezzo, noi pensiamo che il prezzo sia valsa la candela".

    Quando fu chiesto a Colin Powell il numero di iracheni morti in guerra, egli rispose: "Non e' davvero un numero a cui sono particolarmente interessato".

    Thomas Friedman, articolista del New York Times, chiese di "bombardare l'Iraq ancora, ancora e ancora". In un articolo intitolato "La follia paga", egli spiego' che "gli USA devono rendere chiaro all'Iraq ed agli alleati che ... l'America usera' la forza senza negoziazioni, esitazioni o approvazione delle Nazioni Unite". Egli scrisse anche su come averla vinta su Saddam Hussein: "Colpite una diversa stazione elettrica in Iraq ogni settimana, cosicche' nessuno sappia quando andra' via la luce o chi ne ha la colpa". Ogni stazione elettrica colpita significa cibo e medicine che non potranno essere conservati, ospedali che saranno privi di elettricita', acqua che restera' contaminata - e gente che morira' come risultato finale.

    Noam Chomsky spiega le ragioni che potrebbero esserci dietro le prolungate sanzioni USA:

    "C'e' un modo per eliminare la capacita' di produrre armi di distruzioni di massa, solo un modo, la soluzione cartaginese: distruggere totalmente la societa'. Se lo si fa, allora essa non potra' piu' costruire armi di distruzione di massa. Se si lascia una singola infrastruttura, se si lasciano facilitazioni educative o scientifiche di qualsiasi genere, si avra' la capacita' di produrre armi di distruzioni di massa. Quindi, il solo modo di eliminare questa possibilita' - di mettere fine a questa possibilita' - sarebbe la distruzione totale. Questa non avverra', per una semplice ragione: l'Iraq e' il secondo produttore di petrolio al mondo, dunque non si puo' distruggerlo. Ma si puo' distruggere la sua popolazione. In effetti, cio' puo' risultare benefico. Se si guarda alla storia della produzione mondiale di petrolio, si notera' che la maggior parte di esso viene estratta in aree pressocche' disabitate. Dunque vi e' minore pressione e i profitti possono andare a coloro che li meritano: le compagnie petrolifere occidentali ed il Tesoro degli USA. Dunque, se la popolazione dell'Iraq viene ridotta o marginalizzata, ridotta, voglio dire, ad un livello in cui essa e' puramente funzionale, non ci saranno molti impedimenti. l'Iraq diverra' sempre piu' simile a, diciamo, l'Arabia Saudita, che e' piena di petrolio ma senza troppa popolazione che preme per lo sviluppo economico, facilitazioni educative e cosi' via".
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    Bagdad all'ONU: "continuano le incursioni contro di noi"

    Iraq 1991-2002...per non dimenticare
    Wikalat al-Anba' al-Iraqiyya (Agenzia di notizie irachena) .:. 20.04.2002

    Bagdad ha dichiarato che nel periodo compreso tra il 20 marzo e il 5 aprile 2002 aerei da guerra americani e inglesi hanno compiuto 181 incursioni entro i confini iracheni, partendo dalle loro basi nel Kuwait. Questo dopo aver attraversato sia il suo spazio aereo e le sue acque territoriali che la zona smilitarizzata che si trova sotto la tutela della missione di osservazione delle Nazioni Unite UNIKOM, situata tra i confini iracheni e kuwaitiani. Le incursioni hanno interessato i governatorati di Dhi Qarr, al-Mathna, al-Basra, Misan e al-Qadisiyya.

    Il Ministro degli Esteri iracheno Naji Sabri, in una missiva inviata al Segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan, ha affermato che un aereo di tipo “Awacs” è partito dall’Arabia Saudita, mentre un “U2C” è partito dal Kuwait, entrambi per appoggiare gli aerei americani e inglesi che operano raid armati in violazione del divieto di sorvolare l’Iraq attraverso l’area smilitarizzata. Egli ha poi spiegato che nel periodo tra il 20 marzo e il 5 aprile 2002 sono 11 gli aerei teleguidati che, violando l’area smilitarizzata dell’Onu, sono penetrati nello spazio aereo iracheno partendo dalle basi americane e inglesi in Kuwait.

    Iraq 1991-2002 ...per non dimenticare


    Naji Sabri ha affermato che l’UNIKOM ha rilevato numerose incursioni.

    Nella relazione semestrale dell’UNIKOM che copre il periodo 25/9/2001 - 30/3/2002, si parla di 421 violazioni dei cieli della zona smilitarizzata da parte di aerei americani e inglesi; un numero inferiore di parecchio a quello effettivo rilevato dalle autorità irachene deputate a questo lavoro, le quali hanno contato ben 935 incursioni.

    Il Ministro degli Esteri iracheno ha invitato la Segreteria generale delle Nazioni Unite a rifornire la missione dell’Onu di strumenti che garantiscano l’osservazione di tutte le violazioni, di modo che il Consiglio di Sicurezza prenda le misure necessarie per fermare immediatamente questi raid.

    Anche se l’UNIKOM non disponesse di strumenti per definire il tipo e la nazionalità di questi aerei, di sicuro il fatto che essi provengono dal Kuwait prova che essi sono americani e inglesi. Naji Sabri ha poi chiesto nella sua missiva al Segretario Kofi Annan di raccomandare alla missione degli osservatori dell’UNIKOM che si trovano tra l’Iraq e il Kuwait di espletare il loro compito in maniera completa e di informare il Consiglio di Sicurezza di questi raid non appena si verificano, indicando numero e tipo degli aerei da guerra americani e inglesi che violano il divieto di sorvolare la zona smilitarizzata per aggredire l’Iraq.

    Iraq 1991-2002 ...per non dimenticare


    Ciò costituisce terrorismo di Stato e un’aggressione manifesta verso l’Iraq, il suo popolo, la sua sovranità, l’inviolabilità del suo territorio e i processi di pace delle Nazioni Unite. Il Ministro degli Esteri iracheno ha così posto il Consiglio di Sicurezza di fronte alla propria responsabilità, che è quella di fermare quest’aggressione attribuendone la completa responsabilità giuridica a chi la commette, secondo quanto si trova nel diritto internazionale.

    http://www.uruklink.net/iraqnews

    Nota: l’UNIKOM, United Nations Iraq-Kuwait Observation Mission, istituita con la risoluzione 689 del 9 aprile 1991, è la missione delle Nazioni Unite incaricata dell’osservazione di una zona smilitarizzata situata al confine tra Iraq e Kuwait, con quartier generale a Umm al-Qasr (Iraq).
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

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    Gli interventi 18/07/2001

    “Sono qui per denunciare il genocidio dei bambini iracheni”
    La provocazione-show di Stefano Salvi contro la disinformazione

    Una provocazione in forma di show per denunciare quello che ha definito il “genocidio dei bambini iracheni, un genocidio di cui - ha detto - nessuno parla”. Stefano Salvi, conosciuto come inviato di ‘Striscia la notizia’, ha dedicato il suo intervento al meeting ‘From global to glocial’, a un attacco al mondo dell’informazione ritenuto omologato (“pensate di avere 20 giornali e telegiornali, ma in realtà è uno solo”) e responsabile, a suo avviso, di occuparsi spesso di argomenti futili ( “I Tg delle 20, già alle 20.15 sono un rotocalco”) trascurando le grandi tragedie che avvengono nel mondo. A sostegno di questa sua tesi Salvi ha raccontato due suoi viaggi-inchiesta in Iraq, dove ha verificato di persona gli effetti, sulla popolazione civile, della guerra del Golfo e del conseguente embargo Onu. “Migliaia di bambini - ha detto - muoiono perché non ci sono medicinali. I chemioterapici non possono essere inviati all’Iran perché, secondo il protocollo Onu, potrebbero servire a produrre armi chimiche. E gli aiuti che vengono inviati all’Iraq, a causa della ‘no fly zone’, devono essere trasportati via terra sopportando viaggi di mille km nel deserto. Arrivati a destinazione sono spesso inutilizzabili”. “E drammatici - ha detto ancora Salvi - sono ancora gli effetti della guerra del Golfo. L’intero ciclo alimentare risulta contaminato dalle radiazioni, i morti di cancro aumentano esponenzialmente". “E’ una tragedia immensa – ha concluso - Eppure per conoscerla sono dovuto andare sul posto di persona. Nessuno ne parlava. Nessuno ne parla”. (mo)
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  10. #10
    Nebbia
    Ospite

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    Una guerra insensata e gratuita contro l'iraq potrebbe far piombare la Turchia nel più becero fondamentalismo. Il governo di Ecevit è infatti inbilico tra fiducia e la sfiducia, a fiatare sul collo di questa maggioranza "scassata" c'è il neonato partito islamico che si è riclonato per la terza volta dopo che i tribunali di Ankara avevan ritenuto quello precedente (Refah) come anticostituzionale e lo avevano messo al bando. Oggi i sondaggi danno i fondamentalisti molto forti e il nodo curdo di un Iraq che rischierebbe la disintegrazione territoriale a causa di una nuova guerra con gli USA pone il problema ai migliori alleati USA in regione di un etnia curda che si potrebbe eventualmente ringalluzzire e auspicare all'indipendenza. La partita a scacchi dunque continua

 

 
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