Prima la legge, poi i soldi
Al processo contro Berlusconi e Craxi, i difensori del Cavaliere tentano di accreditare la ridicola tesi di soldi versati al produttore Tarak Ben Ammar per fantomatici diritti televisivi e cinematografici e poi finiti per errore sui conti di Craxi, che aveva in comune col produttore lo stesso avvocato. Ma il tribunale non ci crede e condanna sia Berlusconi sia Craxi.
In appello, la difesa cambia registro e, in “via subordinata”, ammette i pagamenti a Craxi, ma come “dazione personale a favore di un partito politico”.
Traduzione: se Berlusconi ha pagato Craxi, l’ha fatto con soldi suoi personali, non della società.
Un modo come un altro per far scattare la non punibilità prevista in questi casi dalla legge sul finanziamento ai partiti.
Ma nemmeno questa è la verità.
Secondo i giudici d’appello, il leader del Polo è colpevole, ma prescritto.
Come stabilirà la Cassazione, nella sentenza definitiva del 22 novembre 2000:
“Le operazioni societarie e finanziarie prodromiche ai finanziamenti estero su estero dal conto intestato alla All Iberian al conto di transito Northern Holding furono realizzate in Italia dai vertici del gruppo Fininvest Spa, con il rilevante concorso di Berlusconi quale proprietario e presidente, da Foscale quale amministratore delegato, da Vanoni quale responsabile del settore estero”.
Dunque All Iberian è in tutto e per tutto riferibile alla Fininvest di Berlusconi.
Assolverlo nel merito?
Nemmeno per sogno:
“Non emerge dagli atti processuali l’estraneità dell’imputato”.
Dunque, è responsabile, ma non piú punibile.
Infatti, come già per le mazzette alla Guardia di finanza, viene “condannato al pagamento delle spese processuali”.
Interessante la data dei versamenti di 21 miliardi a Craxi: 1990-1992, dopo la felice conclusione del lungo tira-e-molla della legge sul sistema televisivo, la Mammì, che anzichè stabilire tetti antitrust al monopolio berlusconiano, si limitava a fotografare il suo trust.
Una legge fortissimamente voluta dal Caf di Craxi, Forlani e Andreotti. Al punto che, quando la sinistra Dc ritirò i suoi cinque ministri dal governo Andreotti per protesta, il divo Giulio li rimpiazzò nel giro di una notte.
Poi, sui conti esteri di Craxi, cominciò la cascata di miliardi.
(continua)