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poter supporre che anch'essi fossero di stirpe celto-ligure o umbra: la radicale "Ar", come nel caso dell'umbra "Ariminum", avvalora questa ipotesi. Ad ulteriore riprova di ciò sta il fatto che Silla vi inviò una colonia di suoi fedelissimi al fine di "latiniz¬zare" la zona, che si chiamarono "Aretini fidentes" e che si sovrapposero alla popo¬lazione preesistente; negli anni 60-54 a.C. vi si dedusse una nuova colonia: quella degli "Aretini julienses".
Con l'arrivo dei Romani si ebbe la rapida estinzione degli Etruschi che si tro¬vavano nella città e nel contado.
Coi Longobardi ci fu un lungo dissidio con la città di Siena al tempo di re Liut¬prando e nel "tempore Ariperti gloriosissimi regis".
Nel 751 il gastaldo senese ricorse a mezzi violenti: si trattava del possesso di alcune chiese, ma il fatto era di natura politica: ambedue le città erano in fase di espansione.
Ma nel periodo longobardo la città fu anche sede di intensa vita culturale, con una insigne scuola di diritto e di lettere, tanto che Teobaldo, vescovo di Fiesole, vi fece i propri studi e più tardi, divenuta Arezzo città campione dell'ideale ghibellino, fornirà quattro giuristi all'imperatore Federico II, i quali sostennero le sue ragioni nelle controversie col Papato.
Nella piana di S. Sepolcro, provenienti quasi sicuramente dalla Valle del Savio in Romagna, si stanziarono a parere dello storico locale Don Eugenio Gamurrini, i Galli Biturgi o "Bituriges", preceduti, pare, dai misteriosi, onnipresenti Umbri.
Secondo l'annalista Taglieschi e l'avv. Coleschi di Anghiari, i Longobardi, arri¬vati qui in gran numero, posero nella zona ora occupata dalla città di S. Sepolcro le loro scuderie di cavalli da guerra, sotto il controllo degli aldii, comandati da qualche "marescalco", mentre l'esercito formato dagli arimanni andò a fortificarsi su di un prato ("Anger") posto in cima ad un pendio "Hang") e sorse così il castello di An¬ghiari, una delle poche denominazioni di pretta origine germanica esistenti in Tosca¬na. Una famiglia di Lambardi del Castello di Casale presso il torrente Afra hanno fra i capostipiti un "Robusto" e un "Bofolco": i Lambardi chiamavano i loro aldii o servi rustici coloni, pastori, bifolchi o guardiani, a seconda delle loro attribuzioni; il nome Bofolco indica l'origine, così come Robusto ne avvalora la supposizione, essendo la robustezza una condizione indispensabile per un buon guardiano di cavalli.
Più tardi a S. Sepolcro fu costruita una rocca, di cui sono ancora riconoscibili i vetusti avanzi del torrione o mastio, che gli invasori denominavano nella loro lingua "Borg" o "Burg" e da allora la cittadina venne chiamata semplicemente "il Borgo"; è molto probabile che furono proprio i Longobardi a coniare, in onore dei due pelle¬grini Egidio e Arcano la dizione di "Civitas Sancti Sepulcri", così come avevano chia¬mato Tiferno Tiberino "Castrum Felicitatis", la futura Città di Castello. Solo nel X secolo il Borgo di S. Sepolcro ha una certa consistenza numerica, mentre prima poco differiva per popolazione, dagli sparsi castelli che vi stavano intorno: nel territorio aretino non esistevano città ma solo castelli, 42 per il Goracci e 32 per il Bercodati:
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